“ABRUZZO TERZO PER PRODUZIONE PEPERONCINO”, SPANO’, “IL 70% IMPORTATO, AUMENTIAMO COLTIVAZIONI”

Gennaio 7, 2022 15:24

L’AQUILA – “In Italia, dove le prime tre regioni di produzione e consumo del peperoncino sono Calabria, Basilicata e Abruzzo,  si importa dall’estero il 70% di questa straordinaria spezia che fa parte del nostro costume e del made in Italy. Ci sono dunque ampi margini per moltiplicare le coltivazioni, creare economia locale anche attraverso la trasformazione della materia prima, con la certezza di mercati e di sbocco”.

Aumentare la produzione di peperoncino non sarà forse risolutivo per salvare il Paese dal baratro pandemico, come i miliardi del Pnrr, ma è una proposta da prendere sul serio, quella dell’avvocato calabrese Francesco Maria Spanò, componente dell’Accademia italiana del peperoncino, coautore, assieme a Erminia Gerini Tricarico e al medico Massimo Lopez del libro “Vip, very important peperoncino”, edito da Cangemi.

Il testo è nato da lunghe interlocuzioni streaming durante la pandemia del Covid-19, e quello che è ne uscito fuori non  è stato un semplice e tipico libro di cucina, ma un vero e proprio trattato sul peperoncino, dal punto di vista gastronomico, artistico, cinematografico, scientifico con tante esperienze personali e storie di famiglia, dedicato alla fiammeggiante bacca della solanacea capsicum che tanta importanza ha nella cucina del centro sud.

Spanò, va evidenziato per motivi professionali frequenta da anni l’Abruzzo, e a luglio ha presentato a palazzo Alessandri a L’Aquila, la terza ristampa, di cui ha curato la postfazione, di “Gerace paradiso d’Europa”, opera del 1983 dell’indimenticato Salvatore Gemelli, medico chirurgo.

“Il libro è nata da una passione  – spiega Spanò nell’intervista ad Abruzzoweb -, e dall’esigenza di fare apparire questa particolare e straordinaria spezia come un  prodotto importante del made in Italy.  Per la copertina abbiamo scelto un bellissimo quadro fiammingo del 1680 che è una classica natura morta, dove protagoniste sono appunto le rosse bacche del peperoncino, importato da Cristoforo Colombo in Europa riscuotendo subito un grandissimo successo, come pianta medicinale, esotica ed ornamentale,  coltivata nei giardini delle famiglie reali e dei nobili, negli orti dei monaci. Poi scomparso e riapparso secoli dopo, soprattutto nel sud Italia e in Ungheria, nei campi dei contadini, come spezia, e apprezzato per la sua straordinaria efficacia di conservare i cibi”

Un prodotto del made in Italy, che non ha una sua declinazione solo nella cucina, ma anche dal punto di vista medico e nutraceutico, aspetto dirimente che nel testo viene affrontato dall’oncologo Massimo Lopez.

“A rendere piccante il peperoncino è la capsaicina – spiega infatti Spanò – e negli ultimi ottanta anni sono stati assegnati ben quattro premi Nobel a medici che ne hanno studiato le sue proprietà.  E’ oramai dimostrato da centinaia di studi, in tutte le università del mondo, che la capsaicina, e quindi il peperoncino piccante, fa bene alla salute, soprattutto è un vasodilatatore, fa bene al cuore e  riduce il rischio di ictus, contiene cinque volte in più la vitamina C rispetto all’ arancia. In modo particolare si è scoperto recentemente che ritarda la riproduzione delle cellule tumorali”.

E a proposito di salute e benessere: non va dimenticato che il peperoncino è un afrodisiaco, e le implicazioni sociali e antropologiche di questa proprietà sono affrontate nel libro da grande sociologo Franco Ferrarotti.

“Il peperoncino ha avuto una storia poco apprezzata dagli storici della gastronomia e dagli esperti – osserva poi Spanò –  perché considerato un ingrediente non fondamentale nell’alta cucina. A sdoganarlo, non tutti lo sanno, sono stati i futuristi, che inserirono nelle loro performance artistiche messaggi e poesie  all’interno delle capsule del peperoncino, spiegando che questo avrebbe tenuto lontano medici e farmacisti. Ha avuto poi il peperoncino un ruolo da protagonista in tanta letteratura e cinema”.

Tornando dunque all’aspetto economico, Spanò  rivela che “per consumo e produzione prima regione  in Italia è la Calabria, poi viene la Basilicata e terzo è l’Abruzzo, regioni dove non a caso è centrale nell’alimentazione la carne di maiale, e relativi insaccati e salumi, e le verdure, secondo i dettami della tipica dieta mediterranea. Ma va considerato che del peperoncino consumato in Italia, ben il 70% viene  importato dall’estero, perché non riusciamo coprire l’alta domanda interna. Ci sono dunque importanti opportunità da cogliere, aumentando la produzione, tenuto conto che è una pianta che non ha bisogno di grande attenzione, perché cresce in modo molto naturale. L’Italia è considerata, va ricordato a questo proposito,  la patria della trasformazione di materie prime alimentari, si pensi al parmigiano reggiano o al prosciutto di Parma. E questo sta avvenendo anche con il peperoncino, ingrediente ora alla base della cioccolata piccante, di salse assortite, della pasta, e di tanti altri interessanti prodotti, che hanno già un mercato assicurato”.

Produzione, si badi bene che non deve però essere solo orientata al consumo alimentare.

“Il peperoncino viene sempre più utilizzato come pianta ornamentale e di decorazione, inserito nei bouquet di fiori, perché conferiscono colore, eccitazione, e protezione, per chi ci crede, contro il malocchio – rivela Spanò -. E’ qualcosa che ormai fa parte del nostro costume, una presenza costante, perché  dona buon umore, e promette felicità”.

L’INTERVISTA IN DIRETTA