AVEZZANO – Un gruppo di 9 gru ha sostato per un paio di giorni in pieno Fucino durante il viaggio che le sta riportando verso il grande Nord dove nidificano.
Le segnalazioni di questo grande uccello sono sempre più frequenti, un po’ per l’effettivo aumento numerico un po’ grazie alla diffusione delle tecnologie digitali che permettono di scattare e scambiare foto e video in tempo reale.
Dichiara l’autore delle immagini, Stefano Scivola, appassionato birdwatcher e simpatizzante della Stazione Ornitologica Abruzzese: “Le gru non possono passare certo inosservate in una zona piatta come il Fucino. Emettono versi udibili a grande distanza e quindi, una volta localizzate, ho potuto scattare queste foto in cui si osservano alcuni individui adulti, dalla colorazione grigio cenere, e diversi giovani, dal piumaggio brunastro. Ora sono ripartite ma è stata una grande emozione poterle osservare da vicino e a terra, dove hanno accennato anche qualche passo della loro “danza” per cui sono famose”.
“Si tratta di una specie iconica di cui tutti hanno almeno sentito parlare studiando a scuola la novella di Boccaccio, “Chichibio e la gru”. Questa specie – commenta Massimo Pellegrini, presidente della Stazione Ornitologica Abruzzese Onlus – di solito si vede passare in volo in grandi stormi; molto più difficile vederle sul terreno perché hanno bisogno di estese pianure per scendere a terra al fine di riposare e alimentarsi durante i loro spostamenti migratori che possono raggiungere i 3-5.000 km”.
“In Abruzzo hanno svernato raramente; qualche anno fa alcuni individui rimasero per oltre un mese nella piana di Opi nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Purtroppo nel periodo invernale la gran parte delle pianure nei fondovalle è aperta all’attività venatoria per cui il disturbo non consente agli animali di sfruttare questi spazi. Certo, basta guardare queste foto per capire che spettacolo perdiamo. Per evitare forme di disturbo abbiamo diffuso la notizia solo dopo la loro partenza verso le aree di nidificazione. Fortunatamente sono sempre di più le persone come Stefano che hanno deciso di osservare questi bellissimi animali non dal mirino di un fucile ma da quello di una macchina fotografica”, spiega ancora Pellegrini.