COOP DI COMUNITA’ CREANO LAVORO IN ABRUZZO MONTANO, MA DA REGIONE ZERO EURO IN SETTE ANNI

Aprile 20, 2024 6:50

L’AQUILA – Durante la campagna elettorale delle regionali del 10 marzo, tutti o quasi gli aspiranti consiglieri hanno indicato come priorità della legislatura, se eletti, quella di mettere in campo risorse e creare lavoro e servizi per contrastare lo spopolamento dei piccoli paesi dell’Abruzzo interno. Spesso in modo vago e fumoso. Non è però entrato nel dibattito, il fatto che già ora l’Abruzzo interno rappresenta un territorio pioniere per il numero di cooperative di comunità operanti, oltre 30, soggetti d’impresa costituiti dagli stessi abitanti e dalle realtà presenti sul territorio, e che già creano decine di posti di lavoro, operando nel turismo, nei servizi alla popolazione, nell’agricoltura, e nella  valorizzazione e gestione dei patrimoni.

Peccato però che la Regione Abruzzo, dopo essere stata tra le prime in Italia ad approvare nel 2015 una norma ad hoc, la legge regionale 25, che ha istituito e normato le cooperative di comunità, non ha mai messo un centesimo per finanziare l’apposito capitolo di spesa, a differenza di quello che è accaduto in Toscana, in Piemonte, in Emilia Romagna ed altre regioni ancora. Eppure sarebbe bastato anche un solo milione di euro l’anno, tenuto conto che non c’è stato mai problema in questi anni a trovare decine e decine di milioni di euro per i maxi emendamenti notturni al bilancio, da distribuire a pioggia e a discrezione, senza nessun criterio oggettivo, da parte di tutti i consiglieri e assessori, ad ambienti “amici”, ad enti e associazioni” fedeli”, nei territori di caccia elettorale.

Abruzzoweb ha dunque inteso approfondire la conoscenza del mondo delle cooperative di comunità, interpellando Massimiliano Monetti, ex presidente di Confcooperative Abruzzo, attuale responsabile nazionale di Confcooperative Habitat per lo sviluppo delle aree interne, e soprattutto presidente di Borghi in rete, una rete d’imprese con propria personalità giuridica, che riunisce, coordina e supporta le cooperative di comunità e non solo.

Entrando dunque nel merito Monetti ricorda che “in campagna elettorale, entrambi candidati presidenti, Marco Marsilio e Luciano D’Amico nell’incontro che abbiamo tenuto, hanno promesso un sostegno concreto, e la speranza è ora che alle parole seguano i fatti. Se si vuole davvero creare lavoro, servizi e welfare nei piccoli paesi dell’entroterra, non si può non aiutare infatti attori oramai affidabili e rodati come le cooperative di comunità. Basti ricordare che sono già una settantina le persone hanno grazie ad esse una busta paga, che in piccoli paesi è un numero molto importante, e a ciò si aggiungono i vantaggi, anche dal punto di vista economico, per gli altri soci che hanno una loro attività, o per chi può svolgere lavori part-time e occasionali, in base ai progetti”.

E incalza: “a pensarci bene è una assurdità che l’Abruzzo sia un caso pilota in Europa, perchè le sue cooperative sono le uniche in Italia ad essere riunite in Borghi in rete, mentre la Regione invece mostra una sostanziale indifferenza, dopo aver avuto il merito di essere stata una delle prime a legiferare in materia, non prevedendo nemmeno un euro di finanziamento per sostenere questo processo, che camminando con le sue forze dimostra di dare risultati concreti. In tutti questi anni non è stato approvato nemmeno un albo delle cooperative esistenti, come prevedeva la legge del 2015”.

In base a quanto riferisce Abruzzo Openpolis, elaborando i dati Gssi, Istat, Dipartimento di coesione territoriale sono oggi formalmente attive  31 cooperative di comunità, ma non è detto che siano tutte effettivamente operative.  Il 74% comunque sono concentrate in territori montani, con bassissima densità di popolazione, e forte marginalità economica e geografica.

In provincia di Teramo ci sono cooperative di comunità a Sant’Omero, Silvi  e Colledara, in provincia dell’Aquila a Collebrincioni, frazione dell’Aquila, Calascio, Navelli, Castel del monte, Sante Marie, Massa d’Albe, Aielli, San Vincenzo Valle Roveto, Collelongo, Anversa degli Abruzzi, Fontecchio, Pescasseroli, Scontrone, Pettorano sul Gizio, Cansano, Campo di Giove e Barrea. In provincia di Chieti, Orsogna, Lama dei Peligni, Palena, Gessopalena, Monteodorisio, Fresagrandinaria, Tufillo, Torrebruna, Monteodorisio. In provincia di Pescara Popoli e Castiglione a Casauria.

E altre ne stanno nascendo, sotto i migliori auspici, come appena una settimana fa, la cooperativa di comunità Il cuore delle valli, a Goriano Valli, frazione del comune degli Tione degli Abruzzi, in provincia dell’Aquila, che proporrà escursioni lungo i tragitti della transumanza verticale, alla scoperta delle torri medievali della media valle dell’Aterno, una bottega di comunità e altro ancora.

“L’aspetto dirimente delle cooperative di comunità – spiega ancora Monetti -, è che sono gli abitanti a diventare imprenditori, a dover mettersi insieme per raggiungere obiettivi comuni, è una impresa radicata nel territorio, che crea servizi e welfare per tutti, e punto di forza delle cooperative di comunità  abruzzesi è come detto di essere riunite in Borghi in rete, giovando di una cabina di regia fondamentale per sostenere progetti spesso non facili da sviluppare in solitaria. Ad esempio Borghi in rete ha ottenuto recentemente 300.000 euro di finanziamenti europei, per i progetti turistici Ruractive ed Esira, come caso pilota in Italia, e di cui le cooperative di comunità saranno ovviamente soggetti attuatori. Altre importanti opportunità si apriranno con i servizi agli anziani, con la medicina territoriale e con le comunità energetiche”.

Qualche esempio dunque delle attività svolte attualmente dalle cooperative di comunità abruzzesi.

A Campo di Giove la coop ha recuperato rare e squisite varietà di fagioli, come il fagiolone, il gialletto e la suocera e nuora e anche varietà di patate autoctone, in collaborazione con il  Parco nazionale della Majella, prodotti di eccellenza che vengono proposti nei ristoranti soci della stessa cooperativa, dando lavoro ad una decina di persone.

A Calascio la cooperativa di comunità gestisce i flussi turistici attratti dalla famosa rocca, come il servizio di bus navetta, ed ora sta iniziando a occuparsi di un progetto sperimentale che mette a disposizione degli anziani braccialetti digitali per monitorare i parametri vitali.

Ad Aielli la cooperativa di comunità opera nel settore turistico che ha avuto un boom con i celebri murales.

A Santa Marie la cooperativa di comunità gestisce l’emporio nella piazza principale, con prodotti del territorio sia artigianali che alimentari, e il celebre Cammino dei briganti con vari servizi intorno e lungo un attrazione turistica raggiunta da migliaia di appassionati l’estate scorsa.

A Navelli la cooperativa gestisce tutta la parte turistica nata intorno alla filiera dello zafferano nonché l’ostello nella frazione di Civitaretenga.

A Fresagrandinaria la cooperativa gestisce un ristorante e servizi di pulizia per conto del municipio.

Certo, ammette Monetti, “ci sono cooperative di comunità che camminano, ed altre che non hanno funzionato per vari ordini di ragione, un po’ perché le persone associate non erano forse quelle giuste, o perché i progetti di impresa avviati, come è normale che avvenga, non hanno dato i risultati attesi, o perché non hanno avuto adeguato sostegno da parte dell’amministrazione comunale, o anche semplicemente perché si sono pagate divisioni e mancanza di coesione che purtroppo sono fenomeni non rari nei nostri paesi. In ogni modo va anche detto che le cooperative che ancora non sviluppano il loro potenziale, potranno farlo in un futuro prossimo, forse semplicemente i tempi per loro non sono ancora maturi”

Entrando negli aspetti formali, la cooperativa di comunità richiede una procedura di attivazione tipica delle società di impresa cooperativa. In generale una Cooperativa di Comunità essendo costituita prevalentemente da abitanti e imprese richiede un nucleo iniziale di soci che decidono di essere il soggetto attuatore della cooperativa, e un processo di aggregazione capace di coinvolgere il più possibile abitanti e imprese già presenti. Da qui, si procede alla stesura di uno statuto condiviso e l’attivazione presso il notaio della società cooperativa. Per essere tali, devono però associare un numero minimo di abitanti del territorio. La legge del 2015, aveva fissato la quota minima di soci addirittura al 10% degli abitanti, dunque 100 soci per un comune di 1.000 abitanti, una quota abnorme, poi la legge regionale 5 del 2023, ha stabilito  un asticelle più consona: fino a 5.00 abitanti minimo 12 soci, ovvero 1%, Da 5.000 a 15.000 abitanti almeno lo 0,8%, minimo 25 soci, sa 15.000 a 50.000 abitanti, minimo lo 0,5%, ovvero almeno 50 soci, oltre i 50mila abitanti, lo 0,1%, ovvero almeno 100 soci.