PESCARA – “Una speranza? Che da questo dramma si possa comprendere l’importanza di un modello di turismo e ospitalità più consapevole, a contatto con la natura. Allora forse la nostra sofferenza umana ed economica, provocata da questo maledetta pandemia, acquisterà almeno un po’ di senso”.
Parole accorate, quelle di Gabriele Maiezza, presidente di Terranostra Abruzzo, associazione che raccoglie 240 tra i circa 600 agriturismi abruzzesi. Anche loro messi in ginocchio dal coronavirus, e che dopo lo stop totale imposto dal lockdown di primavera, e dopo un agosto che ha dato un po’ di respiro con il pienone di turisti attratti da offerte ricettive in campagna, sono ora ripiombati nella paralisi, prima della “zona arancione”, e da oggi della “zona rossa” istituita anche in Abruzzo.
Complessivamente in questo annus horribilis, è in media dimezzato il volume di affari, per una realtà che era in forte crescita anche in Abruzzo, soprattutto nelle province di Teramo con circa 250 strutture, e di Pescara, che ne conta circa 140.
Il fatturato da qui alla fine dell’anno, considerato che anche le vacanze di Natale subiranno i divieti resi necessari dall’esigenza di fermare la diffusione del Covid-19, potrebbero superare un miliardo, calcola Coldiretti, riferendosi ai 25mila agriturismi italiani.
Anche nell’agriturismo di Gabriele Maiezza, il Santa Felicita di Cepagatti, poco distante Pescara, in questo triste autunno non ci sono ospiti nelle camere, se non qualche rara persona che si sposta per lavoro, né clienti al ristorante. Né soldi che entrano, di conseguenza in cassa.
“Aver perso durante il primo lockdown il ponte di Pasqua – spiega Maiezza- è stata una mazzata tremenda, poi in primavera sono saltate le fattorie didattiche e le varie iniziative con le scuole e soprattutto sono state annullate tutte le prenotazioni da maggio a luglio. Ora rischiamo di perdere anche se non si riuscirà a contrastare con la zona rossa diffondersi delle epidemie anche il periodo natalizio che, quasi superfluo dirlo, è determinante.
“Va considerato l’attività di ogni agriturismo porta con sé oltre a posti di lavoro diretto, e un significativo indotto, si pensi solo alle lavanderie alle varie forniture – prosegue il presidente di Terranostra -. E non solo: l’agriturismo è solo una parte dell’azienda agricola, quella determinante, perché consente di avere la liquidità per poi poter investire nella coltivazione e trasformazione dei prodotti. È l’aspetto turistico a reggere quello agricolo, diciamo che è la sua banca interna”.
Dall’inizio dell’emergenza covid le azienda agrituristiche hanno usufruito, in termini di aiuti, dei 600 euro per le partite iva, e con qualche difficoltà del decreto liquidità per finanziamenti agevolati fino a 25.000 euro.
Il Piano di sviluppo rurale gestito dalla Regione Abruzzo, ha poi previsto contributi a fondo perduto per chi ha subito una riduzione del fatturato di un terzo rispetto all’anno precedente. Una boccata di ossigeno certo ma resta incognite sulla possibilità per molte imprese di poter reggere botta.
C’è però una misura che per il presidente di Terranostra rappresenta una svolta, non tanto per l’aiuto immediato, quanto per la filosofia ad essa sottesa.
Quella del fondo ristorazione disciplinate dal decreto del ministero delle Politiche agricole del 27 ottobre, che mette a disponibili 600 milioni di euro, per erogare fino a un massimo di 10mila euro per l’acquisto di prodotti, compresi quelli vitivinicoli, di filiere agricole e alimentari, anche Dop e Igp, valorizzando la materia prima di territorio.
“Ritengo una misura importante – spiega Maiezza -, di là del l’importo concesso, e che va nella giusta direzione, perché contribuirà a consolidare un circuito produttivo sano, a filiera corta, che si auspica darà i suoi benefici, anche quando finalmente questa emergenza ce la saremo lasciata alle spalle”.
Di fatto ragiona Maiezza, “è un passo verso la consapevolezza che quella degli agriturismi non è solo una mera attività produttiva, è un presidio sul territorio, in sintonia con i giusti ritmi della stagioni, della possibilità di rapporti umani consapevoli e autentici. Che è poi la risposta alla fragilità di un sistema economico globalizzato incentrato accorciamento delle distanze fra mobilità globale sulle grandi masse assembrate, di cui questo maledetto virus ha evidenziato tutti i limiti e la fragilità”.
E a proposito degli assembramenti estivi, del frettoloso “liberi tutti” che ha contribuito non poco a favorire la seconda ondata di coronavirus, Maiezza non ha dubbi: “in estate nelle aree interne dell’Abruzzo è girata tantissima gente. E non bisogna essere ipocriti: questo sorprendente boom turistico è stato davvero una boccata di ossigeno economica, che ha salvato le nostre attività. Senza di esso sarebbe stata una catastrofe. Il problema però secondo me non è stato il turismo in sé, ma la responsabilità individuale, la prudenza che spesso non c’è stata, da parte dei clienti e da parte dei gestori”.
“Anche nel mio ristorante – spiega infatti Maiezza – ho faticato non poco a far rispettare con rigore il distanziamento fisico, a imporre l’utilizzo della mascherina soprattutto quando arrivavano le comitive i giovani. Ma questo solo nel ristorante. Per il resto chi viene a trascorrere periodi di vacanza in un agriturismo sono solitamente famiglie, che hanno un buon livello di consapevolezza, sono alla ricerca di relax, ritmi lenti e contatto con la natura, e che si sono mostrate estremamente attente nel rispettare tutte le regole anti-covid. Il vero problema, diciamocelo pure, ora che paghiamo tutti quanti gli effetti nefasti della seconda ondata di contagio, sono state le folle che hanno preso d’assalto i locali e le vie della movida cittadine, dedite allo smodato consumi di alcol, fregandosene di ogni precauzione. Un mondo lontano dal nostro”.