ROMA – Dal Barolo al Chianti, dal Valpolicella al Marsala, dal Prosecco a Negramaro. Vino ma anche cultura viaggio, incontro. Una ricchezza unica su cui l’Italia – con 526 vini certificati, 6 beni materiali e immateriali riconosciuti come patrimonio dell’umanità , 3 città creative Unesco per l’enogastronomia, 2 Paesaggi riconosciuti dalla Fao l’Italia – non ha rivali.
E secondo i calcoli di Cna Turismo e Commercio alla vigilia di Vinitaly nel 2023 saranno 10 milioni i vacanzieri che pernotteranno fuori casa “grazie al vino” di cui circa tre milioni stranieri, per un movimento economico quantificabile intorno ai 2,5 miliardi di euro.
Gli stranieri arriveranno principalmente da Francia, Germania, Regno Unito, Austria, per quanto riguarda l’Europa, e da Stati Uniti d’America e Giappone, fuori dal Vecchio Continente.
Il picco si raggiunge nelle settimane della vendemmia. Sempre più turisti, soprattutto provenienti da centri urbani italiani e stranieri, chiedono di essere coinvolti in questo momento importantissimo dell’annata agraria. La raccolta manuale dell’uva diventa così un’esperienza turistica e didattica, che avvicina all’affascinante mondo del vino un pubblico crescente di appassionati promuovendo spesso territori lontani dai classici itinerari ma ricchi di eccellenze artigianali, a partire dai prodotti enogastronomici.
Se la vendemmia ne rappresenta il clou, ormai il turismo enologico – con le visite a cantine, gli assaggi e le degustazioni, le pratiche esperienziali – è diventato un fenomeno annuale. E riveste un ruolo sempre più rilevante nel movimento turistico italiano in generale e soprattutto nel turismo enogastronomico e nel turismo esperienziale, quello dove ci si “sporca” le mani e si finisce per essere coinvolti in attività manuali ritenute a torto desuete.
La maggioranza degli enoturisti inserisce l’esperienza vinicola in una vacanza più lunga, magari deviando per un giorno o due dall’itinerario prestabilito.