OVINDOLI – “Apprendiamo con rammarico della sentenza con cui il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso della Regione Abruzzo contro la precedente sentenza del Tar, che aveva annullato l’autorizzazione regionale al progetto di nuovi impianti sciistici nel comprensorio di Ovindoli”. Lo affermano i responsabili aquilani di Sinistra Italiana.
“Non ci stupiscono”, si legge in una nota, “le scomposte reazioni di giubilo della destra nostrana, capace di bollare come “terrorismo ambientalista” qualsiasi critica razionale a progetti di infrastrutture sciistiche “nate già vecchie”, completamente sconnesse dalla realtà degli stravolgimenti climatici a cui assistiamo ormai da anni sui massicci italiani. Continuare a costruire impianti sciistici in aree che in futuro vedranno precipitazioni sempre più rarefatte, facendo credere che lo si faccia per “dare un futuro'”alle aree stesse invece che per biechi interessi privati, significa prendersi gioco dei cittadini e delle cittadine che quelle aree le vivono 365 giorni l’anno e che di certo non possono basare la loro sussistenza su poche settimane di apertura degli impianti”.
“Eppure, non sono passati neanche due mesi dagli appelli disperati degli operatori sciistici di Campo Imperatore che chiedevano sovvenzioni pubbliche perché la mancanza di neve rischiava di far saltare l’intera stagione. Non possiamo più permetterci di avere memoria corta. Non stiamo andando incontro ad una crisi climatica epocale, ci siamo già dentro. Non ci stancheremo mai di ripeterlo: servono soluzioni di lungo respiro, serve ripensare il modello di sviluppo delle aree interne integrando le attività produttive tradizionali con un “turismo lento”, capace di esaltare le bellezze naturalistiche e culturali dei luoghi lungo tutto il corso dell’anno”.
“Detto ciò, ci stupisce invece leggere nella sentenza del Consiglio di Stato passaggi che equiparano l’impatto ecologico inevitabile delle attività di costruzione di un impianto sciistico (sbancamenti, innalzamento dei pilastri per le teleferiche, costruzione di bacini di raccolta dell’acqua per l’innevamento artificiale) con quelli potenziali derivanti dal pascolo o dalla presenza di escursionisti. Il sovrapascolo e un eccessivo afflusso di escursionisti sono attività potenzialmente impattanti, sì, ma che possono essere gestite tramite appositi regolamenti e un attento controllo del territorio. Diversamente, una volta che ettari di prateria di alta quota e altri habitat tipici delle nostre montagne vengono devastati per la costruzione di un impianto la perdita di biodiversità che ne deriva è irreversibile”.
“Può sembrare una sciocchezza il rischio di perdere alcune popolazioni della “vipera oggetto di tutela”, come la Corte definisce Vipera ursinii, sottospecie presente solo in Appennino centrale e sulle Alpi francesi e oggetto di massima protezione a livello comunitario, ma non lo è. Nessun elemento dei delicati ecosistemi montani può essere sacrificato con disinvoltura alla brama di infrastrutturazione: gli ecosistemi naturali persistono nel tempo, fornendo all’umanità svariati “servizi” (acqua potabile, cibo, controllo dei patogeni ecc.), proprio perché ogni elemento contribuisce al loro funzionamento. È saggio tagliarsi spontaneamente una delle dita di una mano perché ‘tanto ne ho altre quattro’? Noi crediamo di no, e crediamo che, a prescindere dall’esito sfavorevole di questa sentenza, la battaglia per far uscire la transizione ecologica dalle gabbie della propaganda rendendola invece chiave di volta del nostro futuro sia appena iniziata”.
“Noi non ci tireremo indietro; ci auguriamo che anche il Pd del ‘nuovo corso ecologista’, che starebbe prendendo piede nel partito dopo la vittoria di Elly Schlein, faccia lo stesso abbandonando i rigurgiti sviluppisti e prendendo posizioni chiare su questi temi. Giustizia sociale e tutela ambientale sono orizzonti politici inseparabili ed imprescindibili se vogliamo consegnare alle future generazioni un Pianeta e una società a misura di esser umano: il tempo di agire è ora”.