SULLE ORME DI SAN FRANCESCO NELLA VALLE SUBEQUANA, TURISMO E SPIRITUALITA’ NEI PAESAGGI DEL SACRO

Gennaio 17, 2022 11:34

L’AQUILA – Tanti secoli fa, superata la paura della fine del mondo, fake news dell’anno Mille, una popolana di Gagliano Aterno si arrampicò sui sentieri ai piedi del monte Sirente a far legna. Stremata dalla fatica e dolorante, si accasciò a terra, chiuse gli occhi e nel sonno gli apparve San Francesco, che gli indicò una felce. La donna la estrasse dal terreno, e sgorgò per magia una sorgente, a cui ebbe la grazia di bere e di riprendere tutte le energie, per poi guarire, tornata in paese con la sua legna, anche da una malattia alla vista che l’affliggeva da tempo.

Occorre forse partire da questa leggenda,  di cui restano come traccia i ruderi di un edicola votiva, e raccontata da Tommaso da Celano, il frate grande biografo del santo di Assisi, nel nostro viaggio nella valle Subequana in provincia dell’Aquila, nel parco regionale Sirente-Velino e, da quella maledetta notte del 6 aprile 2009, anche dentro il cratere sismico in ricostruzione.

Un viaggio sulle orme lasciate dagli umili e usurati sandali di San Francesco e ad accompagnarci è Massimo Santilli, ex bibliotecario della biblioteca provinciale Salvatore Tommasi dell’Aquila, da 13 anni inagibile, stimato studioso autore di una dozzina di volumi di taglio storiografico, e a partire da fine anni ’90 alcuni quali dedicati, lungo quell’orizzonte di senso dove spiritualità e natura si toccano, proprio alla figura di San Francesco,  come “La piccola assisi in terra d’Abruzzo”, e “Francesco Chiara e il miracolo dell’acqua”.

E’ poi Santilli un infaticabile animatore dell’ associazione Civitas superequani, impegnata a dare vita al progetto culturale e turistico “Paesaggi del sacro”, incentrato proprio sulla presenza tangibile del santo di Assisi in queste valli, testimoniata, spiega subito Santilli  “non solo da fonti documentali e da emergenze artistiche, ma da una presenza ancora viva che portiamo tutti nel cuore, un fervore spirituale rinfocolato anche dalla presenza  convento francescano tuttora attivo nel mio paese, Castelvecchio Subequo, che ospita tre frati, e che rappresenta un fulcro di socialità”.

Un progetto di fatto già operativo, visto che molte persone amanti delle cose belle,  già arrivano da queste parti, e ad esso è stato dedicato un  reportage dalla trasmissione di Rai2  “Sì viaggiare”, uno speciale su Radio vaticana e  i due libri di Santilli sono stati  presentati a dicembre scorso al salone del libro di Roma.

Santilli per prima cosa, nella sua Castelvecchio Subequo, non può che mostrarci gli splendidi affreschi della chiesa San Francesco.

“Un ciclo pittorico della fine del trecento e di ispirazione giottesca – spiega -, che contiene alcune scene della vita del santo, che, va sottolineato, non sono presenti nemmeno ad Assisi. Mi riferisco all’incontro con il lebbroso l’episodio dell’assalto dei briganti. Nel precedente ciclo, quello dietro al coro, risalente alla fine del ‘200, compare invece San Francesco giovane, senza barba, senza stimmate e senza tonaca”.

Le origini di questi affreschi a detta di autorevoli studiosi e storici dell’arte, sono una conferma che il santo frequentò questi luoghi, dimorando, questa una delle ipotesi accreditate, nel vicino castello di Gagliano, appartenuto ai potenti conti di Celano.

Ed è questa presenza, la sorgente dove si abbevera ancora oggi una profonda devozione per il poverello di Assisi. Nella chiesa ci sono anche reliquie corporali e in un ampolla il sangue soggetto al fenomeno della liquefazione, come si legge nelle fonti cinquecentesche e successive. La chiesa vanta poi la concessione di privilegi simili a quelli Perdonanza Celestiniana dell’Aquila: la cancellazione di tutti i peccati voluta da S. Francesco, che oggi è estesa a tutte le chiese francescane e parrocchiali, a Castelvecchio trova approvazione storica grazie a una Bolla di Papa Leone XII del 1828 conservata nell’Archivio Conventuale.

Castelvecchio è possibile poi visitare un museo di arte sacra con preziose opere di oreficeria medievale di scuola sulmonese aquilana, dove è possibile ammirare il Tesoro di S. Francesco”, come  vesti liturgiche, dette piviali in seta e argento dei secoli XVII e XVIII, da un’importante opera in argento sbalzato e dorato raffigurante la Madonna in trono con il Bambino del 1412, detta la Pasquarella, una croce per altare d’argento dorato del 1403 e da un reliquiario a tempietto d’argento e rame dorato risalente alla fine del secolo XIV.

Tutti questi elementi assicura Santilli “benché le fonti non si esprimano in modo chiaro, lasciano supporre, e nulla impedisce di farlo, che il santo nei suoi pellegrinaggi sia passato anche qui a Castelvecchio e poi a Gagliano. Certa  invece la sua presenza a Celano stando alle fonti, nell’inverno tra il 1.215 e 1.221 e poi nel 1.222. Va poi rimarcato che qui nella valle Subequana, come pure nella vicina media Valle dell’Aterno e, allargando lo sguardo, in tutto il territorio del parco, ci sono decine di conventi, molti dei quali ancora oggi visitabili e rappresentano dei capolavori di architettura, che hanno segnato non solo il paesaggio urbano di queste terre”.

Lungo le orme del poverello di Assisi la strada è dunque segnata: Massimo Santilli e tante altre persone stanno lavorando a far conoscere al mondo questo patrimonio di bellezza e spiritualità rafforzando, mettendo in rete e promuovendo un’offerta turistica rivolta non solo ai credenti ma anche ai laici. Nel segno del santo che non si è congedato dalla corporeità per ascendere misticamente ai cieli divini. Per la semplice ragione che anche qui l’imponente monte Sirente, le faggete e il fiume, i prati e i campi coltivati, i piccoli paesi medievali che sono un tutt’uno con il paesaggio, sono forse opera di una divinità, non importa il suo nome e la sua essenza.

“San Francesco  – si congeda Massimo Santilli – è il santo del contatto con la natura, è colui che ha visto il sacro negli elementi naturali, ha composto gli immortali versi del cantico delle creature, nella sua pratica di vita quotidiana. La salvaguardia del creato è dunque un atto di devozione e preghiera. Far conoscere al mondo i passi del santo di Assisi, in un percorso di turismo sostenibile nelle nostre valli, dove la natura è incontaminata, rappresenta dunque una operazione non solo economica, ma di profilo spirituale, di conciliazione con il mondo e con se stessi”.