L’eremo di Sant’Onofrio al Morrone è un edificio religioso, monumento nazionale dal 1902, posto sulle pendici dell’omonimo monte, nei pressi di Sulmona, risalente al XIII secolo, che custodisce la memoria di Pietro Angelerio (o Pietro da Morrone), il frate eremita che qui visse e che divenne papa nel 1294 con il nome di Celestino V e poi santo. È raggiungibile attraverso uno scosceso sentiero sebbene di facile percorribilità che conduce dalla frazione Badia, al margine orientale della Valle Peligna sino alla quota di 620 metri dove è posto l’eremo.
Giunto in Abruzzo tra il 1239 ed il 1241, Pietro si stabilì sulle pendici del Monte Morrone, in una grotta, facendovi successivamente edificare una chiesetta dal nome “Santa Maria in Ruta” o “in Gruttis”.
Ben presto Pietro, fu autore di un’ampia attività di proselitismo, prima nella zona e successivamente anche all’estero, si rese conto che il luogo era divenuto inadeguato alla meditazione ascetica e si trasferì sulla Majella dove fondò l’eremo di Santo Spirito.
Frequenti tuttavia erano i suoi ritorni sul Morrone dove dispose la costruzione di un vero e proprio eremo, su un luogo scosceso e di difficile accesso che guardava verso la conca di Sulmona; il luogo si prestava alla vita solitaria e ascetica, ma anche all’accoglienza dei pellegrini che numerosi ascendevano la montagna richiamati dalle virtù del futuro santo.
Nel 1294, il re di Napoli, Carlo II d’Angiò, subito dopo il conclave che sancì, dopo ben ventisette mesi di sede vacante, l’elezione di Pietro Angelerio a papa, giunse sul Morrone per annunziare l’elezione all’eremita e per condurlo a L’Aquila per la solenne incoronazione nella basilica di Santa Maria di Collemaggio. Celestino V, che restò sul soglio pontificio per soli quattro mesi, tornò all’eremo morronese nel 1295, in fuga dopo aver rinunziato al papato, perché ricercato dal nuovo pontefice Bonifacio VIII.
L’eremo durante l’ultimo conflitto mondiale subì notevoli danni che ne alterarono l’originaria struttura, sebbene la ricostruzione successiva abbia mantenuto la planimetria dell’edificio con variazioni dell’aspetto esterno. Una lapide sulla facciata ricorda il maestro Giuseppe Giampietro (1894-1974), che fu zelante artefice della ricostruzione.