L’AQUILA – Ci furono notti, di tanti secoli fa, in cui le sommità merlate delle torri lungo la valle si illuminavano e comunicavano tra loro, con vampate di fuoco intermittenti, dal linguaggio segreto, e spesso non recavano buone novelle, bensì l’allarme su nemici alle porte ed altri pericoli. Quelle luci potrebbero oggi riaccendersi e tornare a risplendere, per donare stupore ad adulti e bambini.
Questo il senso del progetto “Le torri della media valle dell’Aterno”: restituire valore e notorietà allo straordinario patrimonio storico, culturale e paesaggistico rappresentato dalle torri e castelli medioevali, da Fagnano Alto a Roccapreturo, passando per Fontecchio, Tione degli Abruzzi, Goriano Valli e Beffi, che furono anche tra i castelli del contado che fondarono nel XIII secolo la città dell’Aquila.
Il progetto ha recentemente vinto un bando sul turismo esperienziale della Fondazione Carispaq, ideato e presentato dall’associazione Foresta modello “Valle dell’Aterno” (Fmva). Entrerà nel vivo a settembre, con visite guidate e varie iniziative, come la produzione di materiale informativo e promozionale, e con un “menu delle torri” da servire nei ristoranti della zona, con l’obiettivo di valorizzare un lascito del fenomeno scatenatosi dopo l’anno Mille, del cosiddetto “incastellamento”, ovvero l’arroccamento della popolazione in punti d’altura maggiormente isolati a scopi difensivi, ma anche di controllo e gestione del territorio. Torri che si guardano in successione l’una con l’altra, utilizzate per veicolare in brevissimo tempo informazioni e messaggi, , con l’ausilio di fuochi di notte, di specchi durante il giorno.
“Il nostro progetto – spiega ad Abruzzoweb Alessio Di Giulio, presidente dell’associazione Foresta Modello -, ha al centro il rapporto culturale ed emotivo delle comunità locali col sistema dei borghi e delle torri che li dominano e che rappresentano un forte richiamo identitario e affettivo, il cui consolidamento diventa conditio sine qua non per lo sviluppo locale delle nostre aree rurali. Quello dei sistemi fortificati e delle torri della valle dell’Aterno, pur rimandando a tempi remoti di guerra e precarietà, ha finito per divenire, dismesso nei secoli il ruolo militare, un forte simbolo dell’identità locale che rimane, però, un patrimonio in gran parte poco conosciuto ed accessibile sia ai cittadini dei paesi che ai turisti che frequentano la valle”.
Un progetto del resto in linea con quello complessivo di Foresta Modello, che coinvolge 15 comuni e 60 soci individuali tra imprese e associazioni, e che intende tutelare il paesaggio a “mosaico rurale” mediterraneo, coinvolgere le comunità locali e tutti i portatori di interessi in un piano strategico per la gestione condivisa del patrimonio naturale e forestale, in questo territorio pari 18.000 ettari di boschi, con la messa in rete di produttori tradizionali, il recupero dei terreni abbandonati e lo sviluppo di piccoli centri di trasformazione e vendita.
Il progetto delle torri e castelli sostanzia plasticamente dunque l’obiettivo di fare rete, coinvolgendo le amministrazioni comunali di Acciano, Tione degli Abruzzi e Fontecchio, e le associazioni Aternostrum, Massimo Lelj, Il Bosco del Fauno, Pico Fonticulano e Ilex.
“Verrà anche prodotta una brochure che proporrà una itinerario di visita alle torri e che consenta ai visitatori di conoscere storia e caratteristiche di ciascun manufatto e illustrerà, attraverso immagini con note esplicative, i significati che si possono leggere nel paesaggio storico visibile dalla cima delle torri. In coda alle pagine informative, verranno elencate le strutture ricettive e della ristorazione che si trovano nei dintorni delle torri”, spiega ancora Alessio di Giulio.
Infine, verrà proposto ai ristoranti della zona di elaborare e proporre, in occasione delle giornate di visita alle torri, un “menu delle torri” che riproponga oggi alcuni dei piatti che venivano consumati dai nostri antenati al tempo in cui le torri furono edificate.
Sulle dinamiche dell’incastellamento in questa parte dell’Abruzzo, le opinioni sono discordanti, in particolare sull’origine del fenomeno già ai tempi dell’invasioni saracene nella seconda meta dell’800 dopo Cristo, di quelle degli Ungari, a metà del ‘900, e poi con l’avvento dei Normanni, che cominciarono ad arrivare dal Nord della Francia, in pellegrinaggio di devozione a San Michele Arcangelo, e poi come formidabili mercenari, in una fase di grande anarchia e di lotte intestine tra potentati locali, con il venir meno del potere centrale garantito dall’impero carolingio, in cupio dissolvi, dilaniato da lotte intestine.
In una epoca in cui i signorotti locali, di discendenza longobarda, franca, e financo gota, si affermarono come il vero potere riconosciuto e concreto sul territorio lasciato in balia di se stesso. creando fortificazioni prima di legno poi di pietra, e dotandosi di soldataglie personali, per difendere se stessi e i contadini, facendosi pagare per questo servizio essenziale, con il riconoscimento della loro autorità assoluta, con il diritto di riscuotere le tasse, di esigere parte dei raccolti e i più svariati servigi, erigendosi anche a potere giudiziario.
L’assetto dell’incastellamento nella media valle dell’Aterno si consolidò però, concordano gli storici, solo in seguito alla conquista normanna di tutto l’Abruzzo, da parte di Anfuso, figlio del grande re Ruggero II, intorno al 1140, con il territorio inserito nel Principato di Capua, e diviso in tre comitati: quello di Albe, l’attuale Massa D’Albe, guidato dal conte Berardo Berardi, quello di Celano, in possesso di Rainaldo Berardi, conte dei Marsi, e quello di Carsoli, in mano a Oderisio Berardi. Avvenne poi che il conte di Celano Pietro e il suo successore, Tommaso, entrarono in conflitto con Federico II di Svevia, lo stupor mundi, impegnato a sottomettere sotto la sua autorità i riottosi feudi in cui era polverizzato il suo regno. Ragion per cui la contea dei Marsi, dopo un feroce assedio, venne smantellata, Celano fu saccheggiata e i suoi domini, compresi quelli della valle dell’Aterno, furono riuniti nel Giustizierato d’Abruzzo, con capoluogo Sulmona.
Fu questo l’arco temporale in cui media valle dell’Aterno divenne estremamente strategica, come sistema di difesa del confine settentrionali del regno, in funzione militare, ma anche economica, a presidio dei terreni fertili delle valli sottostanti, dei boschi circostanti, delle sorgenti e dei pascoli, e con la ripresa della transumanza delle greggi verso le Puglie.
Questi come altri castelli del territorio, nel 1254 fondarono la città dell’Aquila, come narra in versi Buccio di Ranallo, e poi ancora nel 1267 la ricostruirono, dopo la distruzione della città ad opera di re Manfredi lo svevo, che intese cancellare la città rea di essere rimasta fedele alla Chiesa nella contesa tra papato e impero.
E la spinta determinante all’edificazione della “magnifica citade” venne dagli abitanti del contado, per sfuggire dal dominio soffocante dei conti e baroni, signori assoluti di quei castelli, desiderosi di respirare libertà, e cogliere le opportunità offerte dalla città.
LE TORRI E I CASTELLI, TOUR VIRTUALE
Passando dunque in breve rassegna le tappe del percorso oggetto del progetto, il castello di Fagnano è attestato per la prima volta nel XII secolo e sorge probabilmente sui resti di un insediamento del popolo italico dei Vestini.
L’impianto ha subito molte modifiche nel corso del tempo, anche a causa delle numerose conquiste di cui è stato oggetto, come quella di Braccio da Montone nel 1424, di Alfonso d’Aragona nel 1443 e di Antonio di Castelvecchio del 1648. Ammirevole la torre di accesso al castello, con la porta con arco a sesto acuto sormontato dallo stemma in pietra locale, collocato fra le due alte fenditure, dalle quali uscivano le catene del ponte levatoio, e ancora due torri rompitratta a pianta poligonale e altre altre due torri d’impianto quasi circolare edificate in epoca più tarda.
A pochi chilometri in linea d’aria verso sud est, la Torre di Fontecchio, che svetta sopra i tetti del borgo antico, a pochi passi dalla porta del Santi. Mirabile struttura a sezione quadrangolare, con eleganti beccatelli sporgenti. Un autentico tesoro è l’orologio, considerato tra i più antichi d’Italia, come confermato dal quadrante suddiviso in sei ore e con una sola lancetta, che scandiva la giornata degli agricoltori, che un tempo era suddivisa in 4 quarti dall’alba al tramonto. Il meccanismo, costituito da ingranaggi mossi da contrappesi, ancor oggi viene azionato a mano, ritirando ogni sei ore i contrappesi con l’ausilio di un sistema d’argano. E ogni sera, quando era in funzione scoccavano 50 rintocchi, a memoria dei 50 giorni dell’assedio spagnolo del 1648 che ebbe fine grazie all’impavida marchesa Corvi che uccise il comandante delle truppe nemiche. La torre ospita oggi lo Spazio della memoria, con una mostra fotografica permanente di Roberto Grillo, sui luoghi dell’aquilano prima e dopo il sisma del 2009, un’antica vasca in pietra per pigiare l’uva, fregi romani provenienti dalla chiesa di Santa Maria della Vittoria, costruita sui resti di un tempio di Giove, e bassorilievi medioevali.
Ancora più avanti, seguendo il fiume Aterno, si arriva alla bella torre quadrilatera di Tione degli Abruzzi, a dominare sul borgo, di fondazione trecentesca, e che faceva parte di un recinto difensivo che aggregò gli abitanti degli insediamenti lungo il fiume e la valle. In un documento di tassazione del 1269 Tione è citato nel catasto di Carlo I d’Angiò e partecipò alla fondazione dell’ Aquila, come testimoniano le Cronache di Buccio di Ranallo, segnatamente il quartiere di Santa Giusta, e infatti presso le mura a est esiste ancora l’accesso di Porta Tione. La torre è alta circa 20 metri, suddivisa in quattro piani comunicanti tra di loro per mezzo di una scala in legno. Recentemente è stata dotata di un orologio funzionante.
E arriviamo dunque alla torre cilindrica di Goriano Valli, che spunta dal bosco, sul limitare di una suggestiva gola. Tutto intorno le tracce di mura di un castello, e varie abitazioni. La struttura è stata realizzata con vani sovrapposti creati con struttura lignea e in muratura, con volte a botte. L’insediamento fortificato è sicuramente precedente alla torre e risale al XII secolo. La torre, invece, è databile al XIV secolo e venne costruita rompendo le mura a sud della fortificazione.
Dall’altra parte della vallata e del fiume, che è possibile oltrepassare su un bellissimo ponte di epoca romana, svetta la torre di Beffi, che domina ciò che resta del castello di pendio, che scende verso la valle, con uno degli ingressi ben conservato, costituito da una porta ad arco a sesto acuto, sulla cui cima campeggia il simbolo di San Michele Arcangelo su una torre. Proprio a San Michele Arcangelo è dedicata del resto la chiesa risalente al XV secolo, vicina al castello.
La torre presenta una pianta pentagonale, con lati di lunghezze differenti; internamente è divisa in 4 piani collegati tra loro con scale a chiocciola ed ospita oggi un centro visite. Nella parte del borgo medioevale ristrutturata c’è poi un caratteristico ristorante. Le prime documentazioni che attestano l’esistenza dell’abitato di Beffi risalgono al secolo XI, citato dal Chronicon farfense, quando alcuni abitanti donarono il castello e la chiesa di San Lorenzo, di sua pertinenza, all’Abbazia di Farfa. Quando poi nell’anno mille fu fondato il monastero di Bominaco, Beffi ne fece parte per un periodo. L’edificazione della fortificazione è però successiva.
ll borgo medievale venne progressivamente abbandonato a partire dal 1.700 secolo e la popolazione si spostò più a monte nell’attuale Beffi.
Nel 1294, va poi ricordato, Pietro da Morrone nel suo cammino per ricevere l’incoronazione con il nome di Celestino V, passò qui a Beffi e si narra di un miracolo compiuto dal santo presso la Chiesa della Madonna della Sanità. L’area è ricompresa infatti nel Cammino del Perdono di Celestino.
Infine di epoca più tarda, edificato nel ‘300, il tour si occlude nell’antico recinto fortificato di Roccapreturo , costruito nella parte alta del paese, con la sua torre di vertice a pianta poligonale.
La citazione più antica del borgo di Roccapreturo, che ai tempi si chiamava Praetorium, risale al X secolo in un documento relativo a una elargizione di beni del territorio di Valva all’abbazia di Farfa e sappiamo che alla fine del XII secolo il borgo era un feudo di Gualtiero, figlio di Gionata di Collepietro. La fortificazione si sviluppò dopo l’invasione normanna e con l’avvento degli Svevi. Nel 1239 Federico II ordinò di rafforzare alcune fortificazioni della zona, compresa Roccapreturo e, risulta che la fortificazione sia stata soggetta a tassazione nel 1269 da Carlo I d’Angiò.
Ai piedi della torre, il recinto fortificato trapezoidale, simile ad altri sistemi difensivi della zona, come ad esempio il castello di San Pio delle Camere, nell’altopiano dei Navelli o di Roccacasale, nella valle peligna.
Nel XIII secolo anche il castello di Rocca Preturo partecipò alla fondazione della città di L’Aquila, appartenente al quartiere del contado aquilano di San Giorgio.