L’AQUILA – “Un eccesso di turismo svilisce la natura deli luoghi e dei territori, e a pagarne le conseguenze sono i residenti, e nel lungo periodo ciò rappresenta un danno anche per la stessa destinazione turistica, perché una destinazione ‘Disneyland’ nel medio luogo termine diventa meno attrattiva. Chi viaggia, sempre di più è alla ricerca di esperienze autentiche, e non taroccate e posticce, vuole conoscere, dialogare con chi abita in una città o paese, con la sua vera quotidianità”.
Le parole ad Abruzzoweb del professor Tonino Pencarelli, ordinario di Economia e gestione delle imprese all’Università degli studi di Urbino, a margine del convegno a L’Aquila organizzato dalla Fondazione Carispaq, tramite la sua società strumentale FondAq s.r.l. in collaborazione con Associazioni dimore storiche italiane (Adsi) Abruzzo, suona in prospettiva come un monito anche per una città come L’Aquila, che sta ritrovando un protagonismo come meta turistica, assieme ai borghi del territorio.
Tema assai dibattuto è quello secondo cui il turismo, settore che in Italia vale 11 punti di Pil, diventando “over toruism” non solo non è per nulla emozionale e vantaggioso, ma trasforma sempre più le città in grandi alberghi diffusi, con le case, bene primario, e diritto sancito dalla Costituzione, adibite ad airbnb e b&b, con le strade dei centri storici che si riempiono quasi esclusivamente di pub, bar e ristoranti, con chilometrate di tavolini e gazebo che invadono strade e piazze, come in una sagra perpetua. E soprattutto gli affitti salgono alle stelle e i residenti non trovano più alloggi a prezzi accessibili, perché i proprietari guadagnano molto di più, e senza rischi, nel mettere la loro casa a disposizione delle piattaforme che semplicemente, incrociando la domanda e l’offerta, senza grandi spese, macinano profitti sesquipedali, e hanno, ultima beffa, spesso sede all’estero, in paradisi fiscali di de facto, versando ben poche tasse all’erario italiano.
“Una destinazioni turistica ad un certo punto deve scegliere la sua vocazione, trovare un equilibrio – spiega dunque il Pencarelli -. La mancanza di servizi, come la ristorazione e i posti letto, sono un gap che frena la crescita del settore, ma un eccesso crea un cambio di destinazione d’uso della città”, e a proposito di turismo emozionale ha ricordato nel convegno, “l’esperienza, deve essere unica e ti deve arricchire, migliorare, deve essere autentica e non artificiosa. Da questo punto di vista l’Abruzzo ha un potenziale enorme, perché le risorse ci sono, e ci sono tutte le premesse per affermare il prodotto”.
Ma siamo agli antipodi dell'”over tourism” che sta devastando tante città d’arte italiane, a cominciare da Venezia e Firenze. Non a caso una nutrita schiera di sindaci ha chiesto un intervento a livello nazionale alla ministra del Turismo Daniela Santanché, per porre intanto freno al proliferare degli airbnb, e all’epidemia degli affitti brevi: si chiede alle singole amministrazioni di lasciare loro il potere di dividere le città in zone, e stabilire per ognuna un tetto massimo di affitti brevi autorizzati per 5 anni, evitando che una sola persona ottenga decine di autorizzazioni. Chi invece affitta la propria casa di residenza o la condivide potrà farlo per un massimo di 90 giorni l’anno senza autorizzazioni. Ovviamente le associazioni di categoria sono contrarie all’estensione delle restrizioni perché “non utili al Paese” e “in palese violazione della proprietà privata”.
Gli alloggi censiti da Inside Airbnb sono intanto 7.286, 5 mila, gestiti da host che ne affittano più
d’uno. City apartment, ad esempio, ne ha 112. A Roma sono più di 24 mila gli appartamenti per turisti, nelle mani di pochi. Milano ne conta quasi 19 mila, mentre per famiglie e studenti,
Repubblica ha raccontato come gli affitti sono arrivati a cifre impossibili, anche a 2 mila euro a bilocale e 700 euro per una doppia. E ha denunciato il sindaco di Milano Beppe Sala “Troppe case vengono tolte a chi qui vuol vivere non solo 5 giorni, durante il Salone del Mobile”.
Il professor Pencarelli approva l’iniziativa, ma avverte: “la proliferazione degli airbnb è difficile da regolare con la normativa attuale, essendoci libertà di attività economica. Ma intanto il tema va imposto all’agenda politica. Molte città europee stanno già imponendo affitti brevi e non durante tutto l’arco dell’anno, limitando il fenomeno, facendo leva sul fatto che se un proprietario guadagna molto di meno ad affittare ai turisti, perché lavora poche settimane l’anno, allora sarà indotto a dare la sua casa alle famiglie”.
In base ad uno studio che lo stesso Pencarelli ha commissionato, nell’ambito della sua attività accademica, rivela lo stesso, “è emerso chiaramente che occorre una maggiore trasparenza da parte di tutte le piattaforme, e occorre anche più trasparenza da parte chi offre le strutture ricettive alle piattaforme, in termini ad esempio di registrazione di tutte le presenze. Il problema è però che il modello di business delle piattaforme è estremamente competitivo, molto più semplice e vincente, rispetto a quello delle agenzie di viaggio tradizionali. Le piattaforme lavorano sulle provvigioni, non hanno rischi di rischi di impresa e costi eccessivi, perché non gestiscono direttamente le strutture turistiche, con relativi costi di gestione e di personale, e non devono spendere nemmeno più di tanto in comunicazione e promozione. Sarebbe come minimo giusto che le piattaforme che gestisco un enorme numero di airbnb e case vacanze in Italia paghino almeno nel nostro Paese le tasse, anche se hanno la sede legale all’estero”.
Prosegue dunque nel suo ragionamento il professore: “Credo che da questo punto di vista un ruolo importante lo dovrebbero giocare proprio le associazioni di categoria, a tutela dell’intero comparto, perché l’eccesso di turismo, nel medio lungo termine non è nemmeno per loro sostenibile, come ho già spiegato”.
Inoltre, “per aprire un’attività, sia essa di ristorazione che di recettività, servirebbe un business model, per capire qual è il target a cui ci intende rivolgersi. In molte città a forte presenza turistica si assiste infatti a un accentuato ‘apri e chiudi’ di locali, spesso avviati in modo improvvisato. Importante anche che l’offerta enogastronomica sia radicata nel territorio, creando una filiera corta, senza seguire il facile guadagno e la moda, con proposte dozzinali e decontestualizzate. La domanda è che turismo si vuole, se l’importante è fare numero, oppure puntare a clientela più selezionata in base ad una proposta specifica e mirata”.
Il professor Pencarelli è poi favorevole anche alla tassa di soggiorno: “in media si parla di pochissimi euro, che non incidono sulla competitività del prezzo da applicare al cliente. Punto vero è l’utilizzo degli introiti, che dovrebbero essere destinati a interventi utili a qualificare la città, al miglioramento dei servizi, a realizzare parcheggi, a beneficio sia del turista che del residente”.