L’AQUILA – “Anche i bed and breakfast che rispettano le leggi e pagano congrue tasse, sono
vittime, al pari degli alberghi, del dilagante sommerso nel mondo delle locazioni turistiche, che
troppo spesso non rispettano le regole, ma sono iscritte lo stesso alle grandi piattaforme di prenotazione on line, come Airbnb e Booking che gli portano la clientela”.
Dopo l’articolo di Abruzzoweb che ha dato voce al presidente regionale di Federalberghi,
Giammarco Giovannelli, che rappresenta 850 strutture ricettive, ad intervenire è Lucia Di Nucci, referente regionale di Anbba, l’associazione nazionale che rappresenta la ricettività
extralberghiera, categoria a cui appartengono anche oltre 1.500 b&b in Abruzzo.
E il tenore della sua presa di posizione è in parte in linea con quella di Giovannelli: il problema è
rappresentato dagli immobili ad uso abitativo, messi in affitto per finalità turistiche e per brevi
periodi, anche un solo giorno, circa un quarto del totale delle strutture ricettive turistiche nell’Unione europea e che crescono, anche in Abruzzo, in numero esponenziale, in assenza di una normativa nazionale di settore, e ciò fatalmente favorisce il nero, l’abusivismo, l’elusione delle regole, con una micidiale concorrenza sleale e distorsione del mercato.
Un problema a cui finalmente sta però lavorando il governo, con un pdl della ministra del Turismo Daniela Santanché.
In essa si intende dare una stretta alle locazioni turistiche brevi, assicurando una normativa uniforme e introducendo un Codice identificativo nazionale (Cin) per ogni immobile a uso abitativo messo in affitto per finalità turistiche, con annesso obbligo di esporlo, pena una multa che potrebbe arrivare fino a 5mila euro.
E ancora, l’obbligo di permanenza di almeno due notti nelle strutture che si trovano nei centri storici delle città metropolitane e limiti anche per chi affitta più di quattro appartamenti che, dall’entrata in vigore della legge, sarà considerato alla stregua di un imprenditore nel campo ricettivo.
Nella sua intervista Giovannelli aveva parlato esplicitamente di concorrenza sleale
dell’extralberghiero nel suo complesso, tenuto conto che un albergo ha spese incomprimibili, e deve far fronte ad una pressione fiscale anche del 65%. E ha precisato: “Non vogliamo fare nessuna guerra, ma chiediamo solo una parità di condizioni, che passa per un impianto normativo che consideri i b&b imprese a tutti gli effetti”, e con una maggiore imposizione fiscale.
Lucia Di Nucci, però tiene a precisare, che la normativa regionale già prevede l’imprenditorialità
per i b&b e che troppo spesso si tende a chiamare b&b tutte le altre forma di ricettività
extralberghiera.
“Le categorie che rappresento – spiega Di Nucci – si dividono in b&b non imprenditoriali, che hanno al massimo 4 camere, svolgono attività a carattere saltuario, sono a conduzione familiare, non possono offrire servizi aggiuntivi oltre al pernotto e prima colazione, devono avere una redditività non superiore ai 5mila euro netti e nascono come sostegno al reddito familiare.
E poi ci sono i b&b imprenditoriali, che hanno al massimo 6 camere, svolgono la loro attività continuativa con l’obbligo di partita Iva, possono offrire servizi aggiuntivi, come noleggio bici”.
E ancora, va precisato che “tutti i b&b per operare hanno bisogno del Codice identificativo regionale, il Cir, che va obbligatoriamente esposto e ottenuto mediante la presentazione della Scia, la segnalazione certificata di inizio attività. Ricordiamo che con le nuove norme regionali i b&b non possono offrire colazioni home made, ma solo confezionate, e nonostante questo sono obbligati ad un corso per alimentarista, a redigere un documento di autocontrollo dove annotare lotti e scadenze, temperatura frigo, ad avere le tabelle allergeni e tutto quello che riguarda insomma il servizio di colazione”.
E veniamo all’aspetto dirimente: “i B&B pagano le tasse, in base agli scaglioni di reddito previsto
dalle legge”, assicura Di Nucci.
Certo, meno di quello che pagano gli alberghi, ma “perché rapportato al numero decisamente inferiore delle camere: quattro per i b&b non imprenditoriali e sei per i b&b imprenditoriali, contro il numero illimitato di camere degli hotel”, precisa la referente Anbba.
Veniamo dunque alle locazioni turistiche brevi.
“Sono attività non imprenditoriali – spiega Di Nucci -, e non è necessaria la partita Iva. Emettono
ricevuta non fiscale con bollo, senza obbligo di registrazione del contratto e sono assoggettati
fiscalmente alla cedolare secca del 21%. L’aspetto importante è che non possono affittare le singole camere, ma l’intero appartamento, che deve essere dotato di cucina e bagno e non possono offrire servizi”.
Un’ulteriore categoria sono le case vacanze, soggetti imprenditoriali con obbligo di partita Iva e
affitto dell’intero alloggio e gli affittacamere, anch’essi imprenditoriali che possono però offrire
pasti agli ospiti.
“Ad oggi le locazioni turistiche brevi non presentano la scia, ma hanno l’obbligo del Cir. peccato però che le piattaforme come Booking e Airbnb troppo spesso non lo richiedono”.
Una evenienza che purtroppo apre la strada ad un “sommerso esponenziale”, dice senza mezzi termini Di Nucci. Ed è questo il vero cuore del problema.
“In questa situazione è difficile controllare se vengono rispettate le regole che, ricordiamo, non
prevedono per le locazioni turistiche la fornitura della prima colazione e vietano l’affitto di singole
camere. Aggiungo che tutte le tipologie ricettive devono rispettare le leggi sulla pubblica sicurezza,
comunicando gli estremi degli ospiti alla questura competente e ai fini Istat sul portale della
Regione Abruzzo”.
“A dicembre la Regione Abruzzo però ha approvato il testo unico sul Turismo – commenta Di
Nucci -, che ora sarà finalmente dotato di un disciplinare attuativo alla cui stesura parteciperà
Anbba Abruzzo, e riguarderà tutte le categorie ricettive dell’extra alberghiero, comprese le
locazioni turistiche”.
Tra le proposte infatti per la nuova legge c’è quella di obbligare le online travel agencies (Ota). ad inserire esclusivamente annunci di attività provviste di codice identificativo e che le stesse Ota verifichino che il codice identificativo , dichiarato al momento della messa online dell’annuncio, corrisponda effettivamente a quello della struttura, introducendo sanzioni anche per i portali che non rispettano tali adempimenti.
L’aspetto positivo invece della nuova normativa allo studio da parte del governo è che il cin diventerà obbligatorio per tutti e sarà obbligatorio per le piattaforme richiederlo, allo scopo di promuovere e pubblicizzare le attività ricettive. Questo garantirà una tracciabilità e maggiore possibilità di controllo.
A margine della bozza di legge Santanchè ad oggi è rimasta la richiesta dei sindaci delle grandi città turistiche italiane che chiedono di mettere un tetto al numero delle strutture extralberghiere e anche i periodi di attività durante l’anno, per porre rimedio anche all’emergenza abitativa. Un modo, nei piani dei sindaci, per aumentare la disponibilità di case per chi è in cerca di un’abitazione in città e limitare anche l’impennata degli affitti.
Conclude Di Nucci, ” purtroppo le norme attuali disincentivano ad affittare gli appartamenti in
modo tradizionale, la morosità è infatti alta, e se l’affittuario non ti paga, non c’è verso di cacciarlo, e allora risulta meno rischioso tenere l’appartamento vuoto e affittare anche per qualche settimana l’anno ai turisti di passaggio. Anche questo è un problema da affrontare per evitare l’eccessiva turistificazione delle città d’arte e dei centri storici “