TURISMO ABRUZZO: SI ATTENDE BOOM NEL 2023. PER DEMOSKOPIKA 7,2 MILIONI PRESENZE

Marzo 3, 2023 7:52

PESCARA –  Tutte le destinazioni regionali dovrebbero registrare un andamento positivo dei flussi turistici nel 2023, anno in cui – secondo le previsioni dell’istituto Demoskopika, che l’Ansa pubblica in anteprima – si dovrebbero registrare quasi 127 milioni di arrivi e quasi 442,5 milioni di presenze, con una crescita rispettivamente pari all’11,2% e al 12,2% rispetto al 2022.

L’Abruzzo si attendono 7,2 milioni di presenze (+7,5% rispetto al 2022, e 1,8 milioni di arrivi, il più 14,%.

“Le nostre previsioni descrivono un andamento in crescita dei flussi turistici più che significativo. Si potrebbe registrare il valore più alto delle presenze dal 2010 ad oggi, con il mercato estero che incrementa le sue scelte di consumo turistico verso la “destinazione Italia”. Adesso però è necessaria un’accelerazione della programmazione”, ha dichiarato il presidente di Demoskopika, Raffaele Rio

In particolare, al di sopra della media italiana, nel modello previsionale dell’Istituto di ricerca, si collocherebbero, in ordine decrescente rispetto alla variazione percentuale dei pernottamenti ben nove sistemi turistici territoriali: Trentino Alto Adige con 52,6 milioni di presenze (+15,4%) e con 12,1 milioni di arrivi (+11,8%), Veneto con 73,3 milioni di presenze (+14,8%) e con 19,1 milioni di arrivi (+11,0%), Marche con 13 milioni di presenze (+13,4%) e con 2,7 milioni di arrivi (+13,8%), Molise con 584 mila presenze (+13,4%) e con 182 mila arrivi (+14,3%), Toscana con 49,8 milioni di presenze (+13,4%) e con 14 milioni di arrivi (+13,5%).

E, ancora, Lazio con 33,8 milioni di presenze (+12,8%) e con 11,5 milioni di arrivi (+12,8%), Sicilia con 15,9 milioni di presenze (+12,7%) e con 4,9 milioni di arrivi (+8,9%), Campania con 20,8 milioni di presenze (+12,3%) e con 5,7 milioni di arrivi (+13,1%) ed Emilia-Romagna con 42,8 milioni di presenze (+12,2%) e con 11,4 milioni di arrivi (+7,4%).

A seguire, con una crescita significativa dei flussi turistici, le rimanenti destinazioni regionali: Sardegna con 14,2 milioni di presenze (+11,9%) e con 3 milioni di arrivi (+10,2%), Friuli-Venezia Giulia con 9,6 milioni di presenze (+11,1%) e con 2,6 milioni di arrivi (+13,7%), Lombardia con 38,8 milioni di presenze (+10,6%) e con 15,9 milioni di arrivi (+12,1%), Puglia con 16,3 milioni di presenze (+10,0%) e con 4,1 milioni di arrivi (+10,6%), Lazio con 33,8 milioni di presenze (+12,8%) e con 11,5 milioni di arrivi (+12,8%), Valle d’Aosta con 3,6 milioni di presenze (+10,0%) e con 1,2 milioni di arrivi (+5,4%), Umbria con 6,4 milioni di presenze (+10,0%) e con 2,6 milioni di arrivi (+13,5%), Calabria con 9,2 milioni di presenze (+8,7%) e con 1,7 milioni di arrivi (+7,5%), Abruzzo con 7,2 milioni di presenze (+7,5%) e con 1,8 milioni di arrivi (+14,0%), Liguria con 16,5 milioni di presenze (+6,3%) e con 5,3 milioni di arrivi (+8,0%), Basilicata con 2,4 milioni di presenze (+4,6%) e con 765 mila arrivi (+14,7%), e, infine, Piemonte con 15,6 milioni di presenze (+4,2%) e con 6,1 milioni di arrivi (+10,0%).

A tal riguardo, rileva Rio, “occorre conoscere lo stato di avanzamento del Piano strategico nazionale del turismo e, soprattutto, mettere in campo azioni e interventi eventualmente previsti da integrare consapevolmente con le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Coordinare le programmazioni regionali e valorizzare il potenziale inespresso deve essere la priorità dell’azione di governo. Trattasi – precisa il presidente dell’istituto di ricerca – di un percorso tanto proficuo quanto necessario, al fine di raggiungere in chiave ottimale alcuni obiettivi specifici funzionali alla centralità delle politiche turistiche nel nostro paese. In particolare, il riferimento è all’incremento della capacità di trattenere quote significative di turisti autoctoni (sovranità turistica), all’innalzamento del livello di internazionalizzazione dei sistemi turistici regionali soprattutto nel Mezzogiorno”.

E, inoltre, “a portare l’indice di stagionalità al livello di molti paesi competitor europei, a differenziare l’offerta dei prodotti turistici italiani in modo funzionale ai consumi, a ridurre la frammentazione istituzionale in materia di programmazione del settore, a innalzare la qualità dell’offerta ricettiva, ad incentivare – conclude Raffaele Rio – la crescita di segmenti turistici meno sviluppati alimentando politiche meno generaliste”.