TURISMO NON TORNA A LIVELLI PRE PANDEMIA: IN ABRUZZO STRADA ANCORA IN SALITA

Gennaio 13, 2022 17:49

L’AQUILA – La voglia di tornare a vivere dopo due anni di pandemia riesce in parte ad invertire la tendenza negativa registrata nei lunghi periodi di restrizioni per il settore turistico, ma non è sufficiente a riattivare completamente un circuito che fatica a recuperare quota, soprattutto durante i mesi invernali.

E così, se in Abruzzo nel 2021 si registra un 16.9% in più di presenze negli esercizi ricettivi rispetto al 2020 – dato comunque nettamente inferiore rispetto alla media nazionale -, va sottolineato come il “recupero” sia notevolmente condizionato da perdite consistenti rispetto al periodo pre pandemia, infatti la variazione tra 2019 e 2021 è in negativo: -22.1%.

Un inizio di ripartenza “lento” per un settore che tenta di uscire da una crisi nera e che, pur considerando un boom di presenze sulle piste degli impianti sciistici durante le vacanze di Natale, non riesce a tornare ai livelli pre covid, almeno per quanto riguarda consumi e pernottamenti. In sostanza, un turismo “mordi e fuggi” che non riesce a risollevare il settore.

Un andamento che, seppur in misura minore, segue quello nazionale.

E infatti, in Italia, nei primi nove mesi del 2021 le presenze dei clienti negli esercizi ricettivi sono in crescita rispetto al 2020 (+22,3%) ma restano ben sotto i livelli del 2019 (-38,4%). Nel trimestre estivo (luglio-settembre) le presenze turistiche sono state circa 177 milioni (+31% rispetto al 2020) e 29 milioni in meno nel confronto con il 2019 (-14%).

È quanto emerge dal report “Movimento turistico in Italia – gennaio/settembre 2021 dell’Istat.

Nel 2021 i flussi turistici di tutti i Paesi europei sono ancora profondamente segnati dalla pandemia da Covid-19, che ha fortemente limitato la mobilità delle persone. Eurostat stima, infatti, che il numero delle notti trascorse (presenze) nelle strutture ricettive nell’Unione europea (UE 27) sia pari a circa 1,1 miliardi nei primi otto mesi del 2021, valore analogo a quello dello stesso periodo del 2020, ma inferiore di circa il 50% rispetto al 2019, anno precedente la pandemia.

Il 2021 si apre con il blocco pressoché totale della stagione turistica invernale a seguito dei provvedimenti restrittivi resi necessari per contrastare la diffusione dei contagi.

Il primo trimestre dell’anno segna un calo dell’81,7% degli arrivi e del 79,7% delle presenze rispetto allo stesso trimestre del 2019. In particolare, la componente estera della clientela è pressoché assente (-93,7% le presenze) mentre quella domestica rappresenta poco più del 30% delle presenze del primo trimestre 2019. La flessione è evidente anche rispetto al primo trimestre del 2020 (-70,8%), poiché la crisi del settore generata dalla pandemia si è manifestata in maniera evidente a partire da marzo 2020.

La flessione delle presenze turistiche rispetto al 2019 si attenua nel secondo trimestre (-61,4%). Nel mese di aprile la diminuzione è drammatica (-85,4% rispetto ad aprile 2019) a causa delle misure restrittive introdotte nel periodo pasquale. A maggio e giugno i cali si riducono (rispettivamente -65,1% e -46,8%).

Nel trimestre estivo (luglio-settembre), in seguito alla possibilità di ripresa degli spostamenti interregionali, i flussi turistici mostrano un sostanziale recupero, sebbene ancora in calo rispetto al 2019 a causa della componente non residente della clientela.

In dettaglio, nel mese di luglio la flessione delle presenze totali è pari a -21,8% rispetto a luglio 2019, (-42% per la componente estera) ma si attenua ad agosto (-9,1%), con la componente domestica in recupero sui livelli precedenti la pandemia (-0,4% rispetto ad agosto 2019) e quella estera in calo del 22%. A settembre le presenze dei turisti italiani registrano una variazione positiva (+10,7% rispetto a settembre 2019) mentre quelle dei clienti stranieri si riducono del 25,9%, determinando una flessione complessiva dell’11%.

Per il comparto alberghiero nel trimestre estivo 2021 la flessione delle presenze rispetto al medesimo periodo del 2019 è stata del 17,3% contro il -9,7% registrato per le strutture extralberghiere. Il confronto con il trimestre estivo 2020 mette invece in luce un miglioramento maggiore per gli alberghi (+34,3% le presenze) rispetto agli esercizi extra-alberghieri (+27%).

A livello territoriale, i dati dei primi nove mesi del 2021 indicano un recupero delle presenze turistiche più accentuato nelle Isole (+45,1% rispetto al medesimo periodo 2020) e nel Nord-est (+23,8%) mentre soprattutto il Centro Italia mostra una crescita più contenuta (+16,5% rispetto al +22,3% nazionale).

Il numero di presenze cresce di più in Sardegna (+62,8%), seguita da Veneto (+48,3%), Friuli-Venezia Giulia (+48,2) ed Emilia-Romagna (+33,3%). Si registrano invece flessioni per Valle d’Aosta (-31,2%), Provincia autonoma di Trento (-10,9%), Provincia autonoma di Bolzano (-8,4%) e Lazio (-1%).

Le stime danno un’indicazione sia dell’impatto della pandemia sulla stagione turistica invernale in alcune regioni (Valle d’Aosta e Provincie autonome di Trento e Bolzano), sia della perdurante crisi legata ai flussi turistici della componente straniera, soprattutto proveniente da paesi extra Ue, molto rilevante per il Lazio.

Se si estende il confronto allo stesso periodo del 2019, le flessioni più consistenti delle presenze hanno interessato il Centro (-48,8%) e le regioni del Nord-ovest (-44,3%). Le ripartizioni del Sud (-39,1%) e delle Isole (-37,8%) sono in linea con la media nazionale (-38,4%) mentre il Nord-est registra una flessione meno ampia (-30,3%). A livello regionale i cali maggiori del numero di presenze riguardano Lazio (-73,4%) e Campania (-60,1%).

Esaminando congiuntamente l’andamento delle presenze nei primi nove mesi del 2021 rispetto allo stesso periodo dei due anni precedenti, si evidenziano facilmente le regioni maggiormente in sofferenza. Variazioni positive rispetto sia al 2020 sia al 2019 si registrano solo per il Molise, che però rappresenta appena lo 0,1% del totale nazionale delle presenze (dati 2019).

Le regioni che mostrano andamenti negativi rispetto ad entrambi gli anni sono il Lazio, le province autonome di Trento e Bolzano e la Valle d’Aosta. Il Lazio e la provincia autonoma di Bolzano (in cui il peso dei clienti stranieri era pari al 69,7% nel 2019) sono colpite in modo particolare dal netto calo della presenza dei clienti stranieri.

Tra le regioni caratterizzate da forti variazioni negative rispetto al 2019 ma con variazioni positive rispetto al 2020 si ritrovano la Sardegna (+62,8%), il Veneto (48,3%), il Friuli-Venezia Giulia (+48,2%) e l’Emilia-Romagna (+33,3%). Altre regioni, come Marche (+1,1%), Basilicata (+7,2%), Liguria (+10,1%) e Campania (+11,6%) registrano invece un recupero molto inferiore rispetto alla crescita media nazionale (+22,3%).

“L’Italia è prima in Europa per numero di presenze turistiche. Questo è un dato di cui non possiamo che esserne orgogliosi e che premia l’indiscutibile eccellenza della nostra offerta turistica e culturale anche in un momento difficile e di transizione come quello della pandemia”, ha spiegato l’europarlamentare Mario Furore (M5s), in una nota.

Tuttavia, ha aggiunto, i dati Eurostat non possono essere letti come un trionfo ma vanno analizzati in profondità: nei primi nove mesi del 2021, infatti, le presenze negli esercizi ricettivi sono diminuite del 38,4% con oltre 145 milioni di presenze in meno rispetto al periodo precedente la pandemia, mentre la media europea è al -50%”.

“L’Italia fa dunque meno peggio degli altri Paesi europei ma questo non basta per dire che tutto vada bene. La variante Omicron che dilaga rischia di affossare ancora di più il settore turistico in Italia e in tutta Europa. Servono nuovi e urgenti interventi nazionali ed europei. In primis ristori per il settore, come da tempo chiede il Movimento 5 stelle e poi un nuovo fondo europeo ad hoc per aiutare il turismo. Il bilancio Ue per il 2022 “ha stanziato appena dieci milioni di euro specifici per il sostegno al turismo, sono briciole che non possono di certo compensare le perdite ingenti che la pandemia sta infliggendo a uno dei settori trainanti dell’economia europea”.