L’AQUILA – Sono dal 1 gennaio entrate definitivamente in vigore le nuove regole sugli affitti brevi. Adesso non solo per tutti è obbligatorio dotarsi del Cin, il Codice identificativo nazionale, ma per chi non lo fa scatteranno le multe. Le sanzioni possono andare fino a 8mila euro, e anche chi si è già dotato del codice ma non lo inserisce in un annuncio online rischia la multa.
In base ai dati di inizio dicembre il 42% delle unità immobiliari abruzzesi destinata alla locazione turistica, in tutto 4.000 circa, ancora non si adeguavano al nuovo decreto legge che, dal primo gennaio, impone l’obbligo di munirsi del cosiddetto Cin, ovvero del Codice identificativo nazionale, nonché della dotazione minima dispositivi di sicurezza e la presentazione al Comune della Segnalazione certificato di inizio attività (Scia). La “maglia nera” per città, spetta a Teramo 52% ancora non in regola, seguita da Pescara al 40%, sul terzo gradino Chieti al 39% e L’Aquila al 37%.
I dati sono forniti dall’agenzia di comunicazione Purple & Noise, che ha effettuato un monitoraggio in tutta Italia. L’Abruzzo è sopra la media nazionale, a fare meglio sono però la Basilicata, dove più dell’84% dei titolari ha già provveduto alla richiesta del Cin, il Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta (74%) e Campania (72%).
Tempi duri in ogni caso per gli affitti brevi, considerati, numeri alla mano come la causa della desertificazione dei centri storici, con il caro affitti e l’espulsione dei residenti, rimpiazzati dai turisti mordi e fuggi. Con tanti sindaci che gli hanno dichiarato guerra, in particolare delle città d’arte.
Per un casa vacanze, un b&b o airbnb, privi del Cin, la sanzione va da 800 a 8.000 euro, mentre la mancata esposizione viene sanzionata con pena pecuniaria da 500 a 5.000 euro. In caso di insussistenza dei requisiti di sicurezza degli impianti trovano applicazione le relative sanzioni regionali o statali, mentre in caso di assenza dei rilevatori e degli estintori è prevista l’applicazione di una sanzione pecuniaria da 600 a 6.000 euro per violazione accertata. Mentre la mancata presentazione della Scia comporta una sanzione pecuniaria da 2.000 a 10.000 euro.
Il ministero dell’Interno, poi, attraverso una circolare, ha stabilito che anche per gli appartamenti affittati su piattaforme come Airbnb e Booking sarà obbligatorio il controllo di persona dei documenti dei clienti. Non basterà più inserire i propri dati online per accedere all’alloggio: ogni ospite dovrà essere identificato fisicamente da qualcuno dello staff della struttura, che dovrà verificare la corrispondenza tra il documento e chi lo presenta.
La decisione colpisce soprattutto il sistema delle keybox, le piccole cassette porta-chiavi installate su cancelli, inferriate e muri degli edifici. Questi dispositivi permettono ai turisti di ritirare le chiavi dell’appartamento affittato inserendo un codice numerico, senza mai incontrare il proprietario. Un meccanismo che negli ultimi anni ha rivoluzionato il mercato degli affitti turistici in Italia.
La circolare risponde a due quesiti della Questura di Roma sull’interpretazione dell’articolo 109 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (Tulps).
Il ministero sottolinea che “le disposizioni sono volte a consentire all’Autorità di pubblica sicurezza di esercitare un’attività di controllo sul movimento degli alloggiati”.
In pratica, per motivi di sicurezza pubblica, qualcuno deve sempre verificare fisicamente l’identità di chi pernotta in una struttura ricettiva. La norma vale sia per gli hotel tradizionali che per gli affitti brevi, dopo l’estensione prevista dal decreto Salvini del 2018, che ha equiparato gli appartamenti privati affittati ai turisti alle strutture ricettive tradizionali.