L’AQUILA – Si è tenuto ieri, nella Sala civica di Paganica, il tavolo di lavoro voluto dal Partito Democratico dell’Aquila per avviare una discussione, aperta e partecipata, sul futuro di Campo Imperatore.
All’iniziativa hanno partecipato, tra gli altri, il segretario cittadino di Sinistra Italiana Pierluigi Iannarelli, il consigliere comunale del Passo Possibile Alessandro Tomassoni, il consigliere comunale di 99 L’Aquila Gianni Padovani, il segretario generale della Camera del Lavoro dell’Aquila Francesco Marrelli, il presidente dell’Amministrazione separata degli Usi civici di Paganica e San Gregorio Fernando Galletti e Federico Bologna di Gran Sasso Anno Zero, oltre agli esponenti istituzionali del Partito Democratico: il segretario Nello Avellani, il consigliere regionale Pierpaolo Pietrucci, i consiglieri comunali Stefano Albano e Stefania Pezzopane. Assenti sindaco ed esponenti della maggioranza che pure erano stati invitati.
Fatta la premessa che, in tempi brevi, verrà convocato un nuovo appuntamento pubblico per discutere dello sviluppo dell’intero comprensorio del Gran Sasso, che certo non può esaurirsi con un focus sulla stazione sciistica di Campo Imperatore, ci si è confrontati sulla ipotesi avanzata in queste settimane dal Pd dell’Aquila di sostituzione dell’attuale funivia con un nuovo impianto, una moderna cabinovia trifune. Limitarsi a sostituire le funi significherebbe riportare a piena funzionalità la funivia ma non risolverebbe i problemi strutturali che, da anni, soffocano lo sviluppo della stazione sciistica. Col rischio, concreto, che nei prossimi anni si possa arrivare comunque alla chiusura dell’impianto. È chiaro a tutti, infatti, che l’attuale funivia sia una infrastruttura oramai vetusta, inefficace e inefficiente, capace di portare in quota poche centinaia di persone al giorno, con tempi di attesa che, in alcune giornate, diventano insostenibili.
“A partire da questo assunto, si sono messe sul tavolo alcune contingenze; la prima: la funivia dovrà comunque chiudere per la sostituzione delle funi, e i tempi saranno certamente più lunghi di quelli annunciati; la seconda: in questo particolare momento storico, sono disponibili risorse economiche che non abbiamo mai avuto e che non avremo mai più, tra FSC in fase di programmazione, fondi Restart ancora da impegnare, Pnrr e fondo complementare oltre ai 4 milioni già stanziati. Dunque, l’attuale momento di criticità può trasformarsi in una opportunità consentendo alla comunità, tutta, senza preconcetti, di provare a ragionare strategicamente, almeno per una volta, di avere il coraggio di provare a pianificare il futuro mettendo in campo un approfondimento che sia in grado di valutare, compiutamente e in tempi brevi, ogni aspetto, ambientale, tecnico ed economico della ipotesi di sostituzione dell’impianto. Con la consapevolezza che il piano d’area è uno strumento urbanistico vecchio di trent’anni, che all’epoca aveva un suo senso ma che, oggi, è da considerarsi superato per gli effetti, sempre più evidenti, del cambiamento climatico e per le mutate condizioni dei vincoli europei che, di recente, hanno trasformato il Sic del Gran Sasso in Zsc, zona a speciale conservazione; per questi motivi, è poco sensato discutere, oggi, della possibilità di un secondo arroccamento”.
£Una cabinovia trifune permetterebbe di portare in quota, d’inverno e – soprattutto – d’estate migliaia di persone al giorno, in modo rapido ed efficiente, consentendo tra l’altro di chiudere ai turisti la strada verso Campo Imperatore all’altezza dei ruderi di Sant’Egidio, evitando, così, l’attuale vergogna di vedere, ogni estate, salire in quota 150.000 persone con mezzi propri. La discussione è stata utile per sgomberare il campo da alcune affermazioni assolutamente imprudenti; si è letto, in questi giorni, che in caso di bufera un impianto come quello proposto “finirebbe direttamente a mare e verrebbe recuperato dalle parti di Tortoreto”: non è affatto vero, e d’altra parte ce lo dice l’esperienza, se è vero che ovunque si stanno realizzando cabinovie trifuni, persino sul Piccolo Cervino a quasi 4 mila metri. Si è detto, poi, che si correrebbe il rischio di un afflusso massiccio in quota, vista la “capacità oraria di 6.000 persone” di questi impianti: nel corso dell’incontro si è fatto presente che parliamo di infrastrutture modulari, che vanno progettate e parametrate in base alle esigenze e che, dunque, si potrebbe pensare ad una cabinovia più leggera, che porti in quota 2mila persone l’ora, con cabine da 8 o 10 posti. Chi ha mai detto che si dovrebbe realizzare un impianto da 35 posti a cabina? Si è letto, ancora, che andrebbe “sventrata la montagna per decine di metri” e, a monte, si consumerebbe “quasi la metà del piazzale attuale, per realizzare due stazioni lunghe almeno 30 metri”: a questa affermazione, di nuovo imprudente, ha risposto l’attuale amministratore del Ctgs che ha ben spiegato come, in realtà, un impianto 3s occuperebbe meno area delle attuali stazioni di monte e di valle della funivia. Per ciò che attiene l’impatto ambientale, inoltre, il presidente del Parco del Gran Sasso ha già chiarito come si possa procedere con una sostituzione, a patto – e per il Pd questo è indiscutibile – che si mantenga l’attuale tracciato”.
“Anche da questo punto di vista, dunque, certe dichiarazioni sono parse davvero avventate. La questione, vera e seria, attiene invece agli eventuali tempi di realizzazione di un nuovo impianto. Ribadito che i tempi per la sostituzione delle funi saranno più lunghi di quelli annunciati, chi ha detto che la stazione dovrebbe restare chiusa due anni per realizzare una cabinovia trifune, come pure si è dichiarato in questi giorni? Se è vero che l’Ansfisa consentirà la deroga al funzionamento dell’impianto di mese in mese, a valle di specifici controlli, le strutture in muratura potrebbero essere realizzate mantenendo la funivia funzionante, come si è fatto a Cervinia, per chiuderla soltanto al momento di entrare nella stazione di valle e di monte”.
“Se a Cervinia si è riusciti a realizzare un impianto ben più impattacompiutamente quali sarebbero i tempi dell’intervento. E sulla questione economica: si è parlato di un investimento pari a circa 40 milioni di euro; tuttavia, non si può parlare di costi senza una valutazione tecnica accurata dell’impianto che si dovrebbe realizzare, dimensionato all’attuale tracciato e ad una capacità di trasporto di 2 mila persone l’ora. Di questi aspetti vorremmo si potesse ragionare, in modo approfondito, con esperti in grado di fornire risposte, non perdendo l’occasione che abbiamo di poter, almeno, confrontarci su un progetto strategico che significherebbe un rilancio decisivo della stazione sciistica. Dunque, a chiusura dell’incontro si è convenuto di proporre, nel corso del Consiglio comunale straordinario già richiesto dalle forze di opposizione, di convocare in pochi giorni una specifica commissione ad hoc per audire i portatori di interesse, il Parco e i più importanti player nazionali nella realizzazione di impianti, così da valutare compiutamente l’ipotesi dal punto di vista ambientale, economico e tecnico. Soltanto allora si potrà prendere una decisione informata e consapevole:avviamo una discussione e valutiamo le possibilità che abbiamo”.