“PER ME DECORARE E’ COME RESPIRARE”: ARTIGIANI CERAMISTI DI CASTELLI, INTERVISTE IN BOTTEGA

Novembre 18, 2021 12:17

CASTELLI – “Per me decorare ogni giorno e da decenni la ceramica è come respirare, è un gesto oramai normale, spontaneo; ma nessun fiore, nessun uccellino è identico all’altro. Ed è giusto così, siamo esseri umani, non macchine”. Nelle parole della signora Pia, nell’ipnotico talento delle sue mani e del suo occhio, che tracciano motivi floreali di stile ottocentesco su un servizio di piatti, tutta la magia dell’antichissima arte della maiolica di Castelli, in provincia di Teramo.

Piccola, grande capitale mondiale di un’arte secolare, che qui ha come materie prime l’argilla, donata dall’imponente catena del Gran Sasso. Infine, ultimo e decisivo ingrediente: un’arte secolare, che secondo le ricostruzioni più accreditate fu introdotta circa dieci secoli fa dai monaci benedettini, per quel che riguarda la produzione di stoviglie ed utensili di uso quotidiano.

Tra i maestri della ceramica castellana, basti citare Antonio Lollo, a cui si deve un pregevole Giudizio di Paride in manganese con ritocchi di giallo; Carlo Antonio Grue e i suoi temi mitologici materializzati con uno stile unico, trasmesso ai suoi figli, in particolare Aurelio Anselmo Grue. Un patrimonio unico del saper fare, di cui è oggi possibile godere nelle tante botteghe del paese ancora in piena e febbrile attività. Quella ad esempio del signor Antonio Censasorte, dove lavora con ritmo lento e implacabile la signora Pia e poco lontano quella del giovane Antonio Simonetti, ceramista da generazioni.

“Partiamo dall’argilla cruda – spiega Simonetti – , che poi dopo essere stata plasmata viene cotta ad una temperatura di 980° per diventare rosso “biscotto”; a questo punto viene immersa nello smalto, ovvero in un composto di silice e stagno e acqua”.

Rigorosamente cinque i colori della tavolozza tradizionale castellana, spiega Simonetti, “il blu, l’arancio, il verde ramina, il giallo e il manganese; a partire dall’800 si è aggiunto il rosso, a dare vivacità alle composizioni floreali”. Ogni bottega però non si limita a ritrarre i canoni del vasellame e contenitori delle farmacie medioevali o gli idilliaci paesaggi del ‘700: sempre nuove contaminazioni hanno avuto come fucina le botteghe di Castelli, nei colori, nelle forme e nei soggetti.