L’AQUILA – “Le comunità hanno voglia, hanno bisogno di essere raccontate, se un libro tocca le corde del loro cuore, e anche il cuore di un luogo e di un paese, allora c’è un presente e un futuro per la piccola editoria, e pure per il mestiere e passione dello scrivere. Occorre radicalizzarsi nei territori nel margine, e poi aprirsi al mondo”.
In Abruzzo, il 37,1% della popolazione di sei anni e più, cioè 458mila persone, ha letto almeno un libro nell’ultimo anno per motivi non strettamente scolastici o professionali. Ne consegue che il 62,9%, cioè quasi due persone su tre, non ne ha letto nemmeno uno.
Dinnanzi a questo scenario, aggiornato alle statistiche del 2022, interessante è ciò che ha da dire Gianluca Salustri, classe 1979, di Capistrello, in provincia dell’Aquila, eroico e inattuale piccolo editore, che avvinto da piglio imprenditoriale non ha aperto, scelta oramai scontata, un pub, una cicchetteria, un ristorantino ‘fine dininig’ e gourmet, bensì ha intrapreso l’avventura di Radici edizioni, per “lettori forti e gentili”, e che si occupa di saggistica e narrativa, “con un occhio rivolto alla propria regione e l’altro a microcosmi ancora tutti da esplorare”.
AbruzzoWeb lo ha incontrato in uno dei tanti eventi a cui Gianluca partecipa, questa volta a Gagliano Aterno, in provincia dell’Aquila, in occasione della prima edizione del festival Libriganzi. Intento a trasportare, dalla sua automobile, scatoloni di libri, per metterli in bella mostra sul banco, con gestualità lenta, accorta e quasi sacrale, asicrona pertanto nell’epoca dei selfie della gleba, della frivolezza del tik-tok, della bulimia di stimoli cognitivi con il tempo medio dell’attenzione su un testo calcolato essere inferiore di 10 secondi. Mentre tante, troppe librerie chiudono nei centri storici delle città italiane rimpiazzate dal monoteismo del “magna, bevi e non pensare”, per compensare la paura della morte con lo shopping compulsivo.
“Tutto ha avuto inizio con una autopubblicazione di un mio testo – racconta Gianluca -, dal titolo ‘Pane e Polvere’, che narra di storie di vita dei minatori del mio paese, Capistrello. Il libro ha avuto un buon successo e già da tempo meditavo di aprire una casa editrice. L’abbrivio, la spinta definitiva, me l’ha data però l’emergenza covid, quando tanti italiani, me compreso, chiusi in casa con il lockdown, e che hanno riscoperto il piacere della lettura, con le vendite che hanno avuto una incoraggiante impennata. Ma sarebbe accaduto lo stesso, con o senza virus…”.
E il primo libro, fedele alla postura concettuale intrapresa, è stata “La Marvatella”, termine ormai in disuso dei retini da pesca utilizzato nei laghi o nei fiumi, una raccolta di nove fiabe abruzzese, splendidamente illustrate da Michela Di Lanzo disegnatrice e street artist di Bucchianico, in provincia di Chieti, tratte dal terzo tomo di “Usi e costumi abruzzesi” di Antonio De Nino, pubblicato per la prima volta nel 1883. A seguire altri libri che hanno registrato un buon riscontro di vendite, e citiamo ad esempio “Infinito restare”, un viaggio sull’Appennino abruzzese denso di riflessioni sul senso dell’abitare, a firma del sulmonese Savino Monterisi, e ancora “Vito Taccone. Il camoscio d’Abruzzo”, di Federico Falcone, dedicato al grande campione del ciclismo marsicano. E ancora, “Vincent Massari. Cronache di un abruzzese d’America”, di Alessio De Stefano, che racconta la vita del cronista, editore, sindacalista partito da Luco dei Marsi, partito su una nave verso gli States, mentre la sua Marsica veniva devastata dal tremendo terremoto del 1915 e che da minatore e manovale, divenne affermato giornalista, e senatore.
Come si vede, tutti libri che parlano di Abruzzo e abruzzesi, una sorta di “incastellamento intellettuale”, che però tiene a sottolineare Gianluca Salustri, non è localismo polveroso e di maniera, perché poi “i temi e i messaggi hanno un valore universale e vanno oltre ogni frontiera”.
“La situazione non è certo rosea per l’oggetto libro, per la lettura in generale. Il covid ha portato a vendite maggiori, questo è certo. Ma ad analizzare con più attenzione i dati, sono cresciute le copie vendute, ma i lettori sono rimasti gli stessi. Ovvero chi leggeva, durante gli interminabili giorni di restrizioni della mobilità ha divorato libri su libri, chi non leggeva ha continuato a non leggere nulla. I dati più aggiornati ci dicono infatti che oltre il 60% non legge nemmeno un libro in un anno, e questo è drammatico. La parte editoriale che va meglio quella per per i ragazzi, fino ai 12-14 anni, poi c’è un vuoto”.
Spezza però una freccia per le vendite on line, di Amazon e compagnia bella.
“L’Abruzzo non ha librerie nelle piccole città, e senza la distribuzione on line sarebbe un problema anche per noi – spiega Gianluca -. In piccoli paesi non riusciremmo mai ad arrivarci, con un libro, se non vai a fare la presentazione. E le grandi catene di distribuzione non prendono i nostri libri, snobbano le piccole realtà, gli autori locali sono ignorati”.
Scrittori preferiti di Gianluca Salustri sono John Fante e Vittorio Tondelli, “due autori che da una parte e l’altra dell’Oceano hanno saputo mettere al centro l’analisi dei temi a loro più cari attraverso una scrittura meravigliosa. Il primo stravolgendo la sua immagine di figlio di immigrati anche ai suoi stessi occhi e il secondo, scomparso purtroppo troppo presto, analizzando e raccontando meglio di chiunque altro i cambiamenti in atto nella società dell’epoca che in troppi volevano tenere nascosti sotto il tappeto”, spiega.
E alla scontata domanda di commiato, “Cosa rappresenta per te la scrittura oggi?” risponde Gianluca Salustri, mentre è intento a riporre dentro gli scatolini i suoi libri, al termine della fiera, “La scrittura oggi può e deve essere considerata anche un atto politico. Nei tempi della corsa al click, dei video brevi sui social, dell’interesse per l’approfondimento che sembra svanire, raccontare storie con quel po’ di complessità che ci è richiesto è una trincea che non si può abbandonare. Nel giornalismo, così come nella letteratura”.