L’AQUILA: ULTIMI GIORNI PER VISITARE MOSTRA “DEL RESTO” DI HANZELEWICZ ALLA FONDAZIONE DE MARCHIS

Gennaio 23, 2025 10:57

L’AQUILA  – Ultimi giorni per visitare, presso la Fondazione Giorgio de Marchis Bonanni d’Ocre, la mostra Del resto di Piotr Hanzelewicz, a cura di Emiliano Dante, con i testi in catalogo di Emiliano Dante, Michela Becchis e Francesco Avolio, con il patrocinio e il contributo dell’Istituto Polacco a Roma.

I temi della mostra, inaugurata il 13 dicembre, sono stati approfonditi il 17 gennaio con l’incontro con il Professor Francesco Avolio, presso l’Aula Magna del Dipartimento di Scienze Umane dell’Università de L’Aquila, con la performance “Moneta” di Piotr Hanzelewiczper dispositivo cellulare e il supporto tecnico di Factory  Soundela seconda parte della sonata per violino solo, ”Melancholia” di E. Ysaÿe, eseguita dal Mº Andrzej Hanzelewicz.

Il progetto Del resto, infatti, tratta la tematica del “denaro” e delle sue implicazioni, delle congetture che ne nascono intorno, di tutte le possibili declinazioni che esso assume ed ha assunto in passato nelle comunità umane, e costituisce il punto di arrivo del percorso artistico di Piotr Hanzelewicz, che fonde aspetti teorici e estetici, iniziato con la mostra Laborioso laborioso laborioso, presso l’Istituto Polacco di Roma nel 2013.

La mostra, ospitata dalla Fondazione de Marchis, risulta caratterizzata, come afferma Michela Becchis nel testo in catalogo, da “oggetti molto densi e carichi di una profonda riflessione sul senso del denaro e del suo ruolo di regolatore apparente di uno scambio, ma in realtà struttura che conserva la più terribile delle asimmetrie, la più falsa narrazione di un bene di scambio paritario; oggetti non possono essere alienati, sorpassati, disimpegnati dalla loro relazione con coloro che li hanno fatti e messi al centro di quella relazione. Nel paradosso artistico la disuguaglianza, che viene nascosta dal falso legame geometria/status economico, viene lasciata solo apparentemente fuori ma non certo perché venga ignorata, piuttosto perché Hanzelewicz esplicita così il desiderio che chi interloquisce con le sue grandi tele, con la stanza forziere, con la spiazzante vetrata bifronte si impegni con la sua concettuale ossidazione a demolire quell’insensato racconto monolitico e indifferente e agisca uno spazio corrosivo di conoscenza.”