L’AQUILA – La decisione di posticipare l’apertura degli impianti sciistici, per arginare il contagio covid, peserà drammaticamente sul turismo bianco: in Abruzzo si stimano quasi 500mila turisti in meno che genereranno mancati incassi per il comparto pari a circa 390 milioni di euro.
L’ordinanza che ha stabilito la chiusura degli impianti sciistici fino al prossimo 5 marzo rischia di mettere definitivamente in ginocchio il turismo invernale del Belpaese rappresentato da 6.170 chilometri di piste con circa 1.800 impianti di risalita al servizio dei comprensori sciistici che producono lavoro per ben 14 mila persone oltre all’indotto. In Italia la perdita stimati dei mancati incassi è pari a oltre 9,7 miliardi di euro.
È quanto emerge da una Nota scientifica dell’Istituto Demoskopika sulla base di un modello previsionale che, partendo dall’andamento dell’imposta di soggiorno rilevata dal Siope, il sistema di rilevazione degli incassi e dei pagamenti effettuati dalle amministrazioni pubbliche nato dalla collaborazione tra la Ragioneria Generale dello Stato, la Banca d’Italia e l’Istat, stima le possibili ripercussioni nel settore delle “vacanze sulla neve” relative al periodo dicembre 2020-marzo2021. La spesa media pro capite stimata per sostenere la settimana bianca, è pari a 785 euro per persona.
Sono cinque le destinazioni turistiche invernali che risultano maggiormente penalizzate dalla mancata riapertura delle piste da sci e degli impianti sciistici: Trentino-Alto Adige, Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia e Veneto la cui perdita di spesa turistica rappresenta oltre l’86 per cento dei mancati introiti complessivi italiani, pari a 8,4 miliardi di euro.
Al sesto posto l’Abruzzo con i suoi 246 chilometri di piste, dove crescono delusione e preoccupazione, soprattutto per i bilanci in profondo rosso, caratterizzano i gestori “che mai come quest’anno possono vantare una presenza di neve record”.
“Eravamo pronti dopo aver messo in campo ottimi sforzo per l’adeguamento alle nuove linee guida, ora invece è tutto bloccato. È una beffa vista anche la tantissima neve che c’è – spiegano concordi – Ora, facciamo appello al nuovo Governo, alla Regione per avere sostegni”.
Per Dino Pignatelli, amministratore unico del Centro turistico del Gran Sasso, sodalizio pubblico controllato dal Comune dell’Aquila che gestisce la stazione di Campo Imperatore, nel versante aquilano del massiccio, la speranza è “di aprire agli inizi di marzo ed arrivare fino ad aprile, alla luce degli oltre tre metri di neve, per avere una coda stagionale che non salverà il bilancio per il quale siamo rassegnati, ma che ci permetterà di far sciare quanti stanno aspettando di mettere piede sulla neve. Stiamo col morale sotto i piedi, continuiamo a lavorare e poi non si riapre gli impianti, abbiamo gettato al vento tanto lavoro”. Gennaro Di Stefano, direttore della stazione di Campo Felice, nel comune aquilano di Rocca di Cambio, del quale è sindaco parla di “stagione definitivamente compromessa. Ed è un vero peccato visto che c’è tanta neve: solo questa notte sono scesi altri 40 centimetri”.
“Senza un adeguato e immediato ricorso ai ristori per compensare la perdita degli incassi provocati dall’ordinanza di chiusura delle piste da sci e degli impianti sciistici, – dichiara il presidente di Demoskopika, Raffaele Rio – non vi è dubbio che assisteremo alla stagione di de profundis della montagna italiana. Al neo-ministro del Turismo, Massimo Garavaglia che ha giustamente bollato come atto di mancato rispetto per i lavoratori l’improvvisa decisione di non riaprire le stazioni sciistiche – precisa Rio – non sfuggirà, in alcun modo, che ci sono a rischio immediato almeno 9 mila lavoratori stagionali occupati nel turismo bianco oltre ad almeno altri 5 mila assunti a tempo indeterminato. A questo punto, per fronteggiare una spiazzante decisione last minute assunta dal Governo, sarà vincolante pianificare proficue misure e necessari sostegni per operatori e lavoratori che già da due anni non riescono a lavorare con continuità tra cui il prolungamento della cassa integrazione, la proroga del blocco dei licenziamenti, un immediato piano ristori da 3,5 miliardi per gli operatori turistici e l’immediata revisione dei contenuti e delle risorse per l’asse ‘turismo e cultura’ del Next Generation Italia. In questa direzione si capirà finalmente – conclude il presidente di Demoskopika- se il turismo rappresenta consapevolmente un settore strategico per la nostra economia”.
Arrivi: il turismo invernale perde 12,4 milioni di turisti.
Come era prevedibile, sono principalmente le destinazioni invernali “più gettonate” a subire il maggiore contraccolpo della mancata riapertura delle attività turistiche. In particolare, il lockdown bianco potrebbe privare il Trentino-Alto Adige di 4,1 milioni di turisti immediatamente seguito dal Piemonte e dalla Valle d’Aosta rispettivamente con 2,5 milioni di arrivi e 1,7 milioni di arrivi. Più che rilevante anche la contrazione dei turisti stimata da Demoskopika per altre due destinazione regionali invernali: Lombardia con 1,3 milioni di arrivi e Veneto con 1,1 milioni di arrivi. Segue l’Abruzzo con 494 mila mancati arrivi, l’Emilia-Romagna con 273 mila arrivi, il Friuli-Venezia Giulia con 209 mila arrivi, le Marche con 165 mila arrivi. E, ancora, la Toscana con 163 mila arrivi, il Lazio con 129 mila arrivi e la Calabria con 102 mila arrivi. Le rimanenti destinazioni turistiche invernali presentano flessioni meno consistenti ma, comunque significative: Molise (-44 mila arrivi), Sicilia (-42 mila arrivi), Basilicata (-30 mila arrivi), Campania (-27 mila arrivi), Liguria (-26 mila arrivi) e, infine, Sardegna (-8,4 mila arrivi).
Spesa turistica: in Trentino-Alto Adige e Piemonte mancati incassi per oltre 5 miliardi di euro.
Ammonta a 9.731 milioni di euro, la stima della possibile perdita di spesa turistica nell’industria delle “vacanze sulla neve” in Italia. Come diretta conseguenza dell’assenza dei turisti a seguito della mancata riapertura delle piste da sci e degli impianti sciistici, sono cinque le destinazioni turistiche invernali che risultano maggiormente penalizzate: Trentino-Alto Adige, Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia e Veneto la cui perdita di spesa turistica rappresenta l’86,2 per cento dei mancati introiti complessivi italiani, pari a 8.386 milioni di euro. Nel dettaglio, il lockdown bianco potrebbe generare una sforbiciata degli incassi pari a 3,2 miliardi di euro per il Trentino-Alto Adige, a 2 miliardi di euro per il Piemonte, a 1,3 miliardi di euro per la Valle d’Aosta, a quasi 1,1 miliardi di euro per la Lombardia e a 886 mila euro per il Veneto.
Dalla Nota scientifica di Demoskopika si rileva, inoltre, un ulteriore raggruppamento di destinazioni turistiche invernali caratterizzato da una possibile flessione della spesa turistica compresa tra i 400 milioni euro e gli 80 milioni euro. Si parte dall’Abruzzo con 388 milioni di euro, immediatamente seguito dall’Emilia-Romagna con 214 milioni di euro, dal Friuli-Venezia Giulia con 164 milioni di euro, dalle Marche con 129 milioni di euro, dalla Toscana con 128 milioni di euro, dal Lazio con 101 milioni di euro e dalla Calabria con 80 milioni di euro.
In coda, anche se con perdite tutt’altro che irrilevanti, compaiono il sistema del turismo bianco del Molise con 35 milioni di euro, della Sicilia con 33 milioni di euro, della Basilicata con 24 milioni di euro, della Campania con 21 milioni di euro, della Liguria con 20 milioni di euro. A collocarsi in fondo a questa particolare graduatoria per livello di contrazione della spesa turistica, la Sardegna con una minore riduzione di possibili mancati introiti pari a quasi 7 milioni di euro.