CITTA’ SANT’ANGELO: DAI ROMANI AI BRIGANTI, TRADIZIONI E MEMORIE NEI RACCONTI DELLA PROF DE CAMILLIS

Dicembre 15, 2024 8:54

CITTA’ SANT’ANGELO – Città Sant’Angelo (Pescara), fondata dai Vestini e poi conquistata dai Romani, è un antico borgo abruzzese di grande rilevanza storica. Nel Medioevo divenne un centro religioso e politico, arricchendosi nel Rinascimento di palazzi e monumenti. Oggi fa parte dei “Borghi più belli d’Italia”.

Anna Maria De Camillis Baiocchi, 80 anni, ex insegnate in pensione, racconta con empatia e umorismo la storia della sua vita e di una Città Sant’Angelo vibrante, ricca di tradizioni che ha saputo preservare. Il suo amore per la comunità,  il dialetto e il teatro popolare l’hanno resa una figura indimenticabile

La Casa dei Pachetti e la Torre dell’Armeria

Aprendo le porte di casa sua, la professoressa spiega: “Questa casa apparteneva alla famiglia Pachetti. Un tempo era la sede dell’armeria del Barone, dove abitava anche il colonnello Padula. Qui sotto, dove ora ci sono dei negozi, era tutto pieno di armi,” racconta Anna con uno sguardo nostalgico. “E dove oggi vediamo l’orologio, quello era la torretta di avvistamento”. Osservando poi con affetto il suo quartiere e i suoi vicini: “Siamo molto uniti qui, come una grande famiglia”.

Una Vita tra Insegnamento e Teatro

“Sono insegnante da quando avevo 18 anni,” racconta con orgoglio. “Ho iniziato facendo supplenze, poi ho insegnato alle elementari, alle medie e infine al Magistrale. Non mi sono mai fermata, ho insegnato in ogni angolo dell’Abruzzo”.

Ricorda poi il coro “Angulum,” fondato da ex studenti del Magistrale e diretto dal maestro Iannucci, che cantava canzoni dialettali, compresi alcuni brani composti dal professor Trotta. “Era un modo per unire le generazioni e mantenere viva la cultura locale”. E rivela anche che ha studiato dialettologia all’Università e fondato il Teatro Minimo Angolano, che poi è diventato il TMA, dedicato al teatro dialettale. Si è ispirata anche alle poesie del notaio Ranalli e alle commedie scritte dall’avvocato Alessandro Berarducci.

L’Allevamento del Baco da Seta

A metà dell’Ottocento il senatore De Blasi ebbe un ruolo cruciale nello sviluppo agricolo della zona, chiamando i grandi proprietari terrieri e assegnando a ciascuno una coltura specifica: olivi, viti, tabacco, canapa e il baco da seta. “Fu molto importante per lo sviluppo rurale”, spiega, “perché in quegli anni si cominciava a diversificare le colture in previsione dei cambiamenti economici del Novecento”. Aggiunge, ricordando con nostalgia: “A 12 o 13 anni, ricordo la famiglia Ruggeri che allevava i bachi in un piccolo stanzino; li chiamavamo ‘li filicelle’.”

Le Feste di Città Sant’Angelo

La professoressa conserva ricordi vividi delle feste tradizionali di Città Sant’Angelo. “La festa di San Martino, conosciuta anche come ‘festa dei cornuti’, vedeva gli uomini sfilare con una forca e una zucca e corna fatte di peperoni secchi; chi non voleva essere infastidito offriva vino e biscotti.” A Natale, l’intera comunità si impegnava nella creazione del presepe, e tre musicisti suonavano il basso, il violino e cantavano per le strade. A maggio, si celebrava la festa della Madonna dell’Acqua, e alla fine dell’estate, la festa della Trebbia univa la comunità nella trebbiatura e in canti e racconti tradizionali.

Ricordi d’Infanzia

Quando Anna pensa alla sua infanzia, un sorriso le illumina il volto. “Amavo giocare con la palla, ma in modo tutto mio: la lanciavo contro il muro cantando una filastrocca: ‘giro giro tondo, la palla sotto il ponte.’ Ero anche appassionata di bicicletta; a otto anni rubavo quella degli amici per fare un giro e mio nonno mi rimproverava. Una volta sono rimasta chiusa nei sotterranei di casa per mezza giornata, scesa di nascosto per mangiare una fetta di anguria; la nostra domestica, Clarice, non si accorse della mia presenza, spense la luce e chiuse la porta. Fu mio zio a trovarmi ore dopo.”

Storia di Città Sant’Angelo: Dai Romani ai Briganti

Città Sant’Angelo, un tempo chiamata Angulum, si trova in una posizione strategica tra i fiumi Piomba e Saline. “Era un punto fondamentale per la transumanza,” ricorda Anna. “Le greggi venivano dalle Puglie per trovare riparo nelle pianure d’inverno.” La lana, lavorata in una gualchiera, serviva per creare mantelli pesanti.  Un simbolo della vita cittadina era il mulino, sempre sorvegliato,  il “Mulino del Dado,” così chiamato perché i guardiani giocavano a dadi durante i turni di notte.  Nel cuore della città si trova “Il Casale”, un’area un tempo chiamata Borghetto abitata da artigiani, che durante la peste di fine 1400 divenne il  ghetto. Nei vicoli si intrecciano storie di personaggi come Giovanni della Leonessa e altri nomi curiosi. Un episodio storico affascinante riguarda l’attacco dei briganti nel 1807, quando cercarono di entrare dalla Porta Sant’Egidio, sbarrata, e alla fine trovarono un ingresso attraverso la Chiesa di San Bernardo. “Un calzolaio di nome Nicolai uccise il capo dei briganti, Angelo dell’Orso facendo così fuggire definitivamente i briganti.”

San Michele Arcangelo e il Grottone

San Michele Arcangelo, santo patrono della città, ha radici profonde che risalgono ai Longobardi. Nella zona del Casale, una grotta era dedicata in epoca pre-cristiana al culto di Ercole, il dio protettore delle acque. “Quando i Longobardi arrivarono nella nostra regione, riconobbero in Ercole una figura simile a San Michele Arcangelo, già conosciuto nella grotta del Monte San Michele in Puglia.”

Città Sant’Angelo: Un Tempo di Vita e Tradizioni

La prof ricorda un passato vivace e pieno di opportunità per i giovani di Città Sant’Angelo. L’istituto magistrale dava a tutti, persino ai figli dei contadini, la possibilità di studiare. Un ricordo speciale è lo “struscio,” una passeggiata rituale dal Belvedere a Sant’Agostino, toccando il primo scalino del santuario. “C’era tanta gioventù,” racconta con un velo di nostalgia, “ma molti hanno proseguito gli studi altrove e pochi sono tornati.”

Tradizioni e Memorie dei Matrimoni

Parla con ricordi vividi della sua passione per i matrimoni, in particolare quelli legati ai riti contadini e alla ricca simbologia di un tempo: “Un momento emozionante era quando la sposa usciva di casa. La madre non accompagnava la figlia in chiesa, ma le dava l’addio sulla soglia, posando un asciugamano bianco sulla spalla. Questo gesto simboleggiava il suo pianto per la figlia, cresciuta e pronta a una nuova vita”.

“Nei giorni precedenti le nozze, era consuetudine esporre la dote della sposa. Si mettevano in mostra lenzuola, tovaglie e altri oggetti preziosi, ogni dettaglio rappresentava il contributo della famiglia. Due copie della lista della dote venivano redatte, una per ciascuna famiglia, per garantire la restituzione in caso di annullamento del matrimonio. Mostrando vecchie fotografie, ci racconta dei matrimoni degli anni ’50: “Questa sposa aveva preso in prestito l’abito usato, altri si sposavano per procura oltreoceano. A quel tempo, c’era una tradizione  ‘la riuscita degli sposi. Un’ usanza  curiosa che riguardava la domenica dopo le nozze. La coppia doveva uscire vestita di nero, segno che il matrimonio era stato consumato, e la coppia si mostrava ufficialmente come marito e moglie, lo studio fotografico Presutti immortalava gli sposi”.

Piatti tipici di Città Sant’Angelo

De Camillis nutre una profonda passione per la cucina e, negli anni, ha raccolto con cura le ricette della tradizione tramandatele dalla sua mamma. Ci ha raccontato con entusiasmo alcune delle specialità locali: “le manucce, dolci tipici dal gusto particolare; la galantina, un piatto ricco a base di gallina ripiena cotta in brodo; il gallot al forno, una saporita preparazione di pollo al forno; e infine il timballo” .

La Canzone del Cuore

La sua canzone del cuore è Il mondo, che le riporta alla mente i momenti più belli vissuti con suo marito, con cui ha condiviso cinquantadue anni di matrimonio dal 1972. “Ricordo quando inventavo scuse con mia madre, chiedendole se avesse bisogno del giornale, per poi correre al bar Il Tarlo, dove lui mi aspettava. D’estate, quel bar si riempiva di vita e, con l’arrivo del jukebox, i tavolini si animavano di persone che si godevano un’aranciata. Io e lui ci incontravamo lì, fidanzati ufficialmente. Se c’era qualche screzio, passeggiavo lungo il Belvedere, ci rincontravamo al jukebox dove  tra una canzone e l’altra come in una battaglia, finivamo poi sempre per fare pace. Il mondo è diventata la nostra colonna sonora, un dolce ricordo di un amore che non ha mai smesso di crescere”.