TRA I CALANCHI E IL BORSACCHIO, LA TUTELA DEL TERRITORIO NELLA STORIA DI DE ASCENTIIS

Settembre 29, 2024 9:02

PINETO – La pineta secolare che si estende lungo il litorale, un rifugio naturale unico, l’area marina protetta della Torre di Cerrano, un paradiso per gli amanti della biodiversità, e a completare questo quadro suggestivo le riserve naturali dei Calanchi e del Borsacchio, un’attrazione speciale per famiglie e appassionati di ecoturismo.

In questo contesto, Adriano De Ascentiis, 54 anni, direttore della Riserva dei Calanchi e proprietario di un’azienda agricola storica, rappresenta una figura chiave nella promozione e nella tutela del territorio del Teramano dove la natura, la storia e le tradizioni convivono in armonia.

Le radici dell’amore per la terra: un’infanzia tra natura e tradizione

Adriano De Ascentiis, oggi direttore della Riserva dei Calanchi e proprietario di un’azienda agricola, ha sempre avuto un legame profondo con la terra e la natura. I suoi ricordi d’infanzia sono segnati da momenti all’aperto, che hanno gettato le basi per il suo futuro professionale.

“Aiutavo mio padre sin da bambino nei campi – racconta con un sorriso nostalgico – Non venivamo da una famiglia agricola, ma la campagna era importante per noi. Mio padre era un informatore scientifico, passavamo molto tempo insieme in campagna lungo il fiume Vomano, preparando conserve e accudendo il bestiame”.

Il lavoro agricolo e il valore della tradizione e sostenibilità: “Anche da ragazzino capivo l’importanza di ciò che facevamo. Mi sentivo parte di un ciclo naturale, e questo ha piantato in me un seme che è cresciuto. La terra non è solo uno spazio fisico, ma un luogo di memorie e vita”.

L’influenza familiare è stata cruciale, soprattutto il rispetto per l’ambiente e la biodiversità: “Mio nonno era un micologo e da lui ho ereditato il fascino per la natura. Mia sorella, biologa, ha alimentato il mio interesse per la scienza e la conservazione”.

Sui calanchi: “Ricordo quando erano un luogo abbandonato, pieno di rifiuti. Quel degrado mi ha colpito profondamente. Sentivo che qualcosa doveva essere fatto per salvaguardare un paesaggio così unico”.

La sfida della sostenibilità: il ruolo nella Riserva dei Calanchi

Dopo aver conseguito la laurea in Scienze Naturali all’Università di Camerino, Adriano ha iniziato a lavorare nella conservazione ambientale, entrando in contatto con il WWF e vari progetti di gestione del territorio.

“È stata una strada inaspettata – riflette – Non avevo pensato di diventare direttore della Riserva, ma è successo quasi per caso. Un amico, Umberto Di Loreto, mi ha introdotto ai progetti del WWF, e ho subito capito che era ciò che volevo fare. Così, quando si è aperto il concorso per la direzione della Riserva, ho partecipato e l’ho vinto”.

Dal suo insediamento, Adriano ha fatto della gestione della Riserva dei Calanchi una missione personale: “La Riserva è un’area protetta che richiede una gestione attenta e diversificata. Ci occupiamo della manutenzione dei sentieri, della gestione del centro visite e di un centro di educazione ambientale per sensibilizzare il pubblico sulla biodiversità e la sostenibilità”.

Un aspetto significativo è la collaborazione con gruppi internazionali ed Università: “Questa estate, abbiamo ospitato un gruppo teatrale di Città del Messico. Offriamo loro sistemazione all’interno dell’Oasi, e in cambio organizzano iniziative ed eventi. Ma lavoriamo anche molto con le scuole e con la libreria ‘On the Road’ di Montesilvano per varie iniziative”.

Tra i progetti in corso, la gestione dei cinghiali è particolarmente urgente: “Questi animali minacciano l’agricoltura locale, e poiché la nostra area è protetta, non possiamo ricorrere alla caccia. Stiamo studiando metodi non cruenti per affrontare il problema, esaminando soluzioni efficaci da altre riserve naturali”.

La riserva è unica perché dei suoi 600 ettari, 300 sono dedicati all’agricoltura: “Questo ambiente selvaggio ospita circa 16 nuclei familiari che abbiamo coinvolto in progetti di collaborazione. Grazie al nostro supporto e a figure come Umberto Di Loreto, molte famiglie hanno cambiato approccio, passando dalla grande distribuzione alla filiera corta. Oggi, offriamo prodotti distintivi come il latte e derivati e il miele di sulla e millefiori, riconoscibili con il nome dei Calanchi”.

I calanchi abruzzesi, tra i più spettacolari d’Italia, sono il risultato di antichi fondali marini argillosi: “Oggi, i calanchi proteggono specie rare e rappresentano un esempio di valorizzazione e conservazione di ambienti naturali di grande valore”.

La passione per la scrittura

Adriano De Ascentiis ha pubblicato diversi libri che riflettono il suo impegno per la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale e culturale. Tra le sue opere figurano Le regine delle Dune, Le conchiglie della Torre di Cerrano, Storia della liquirizia in Abruzzo e La pineta secolare. La cattedrale Arborea di Pineto tra storia e natura.

Parlando della sua passione per la scrittura, Adriano spiega: “La mia avventura come scrittore è iniziata quasi per caso. Non mi considero un grande scrittore, ma ho sempre amato fare ricerca. Il mio primo libro, Le regine delle Dune, è nato per documentare l’area marina protetta della Torre del Cerrano. Tornato a Pineto dall’università, mi sono reso conto che questo territorio andava preservato. Visitando Sabaudia, notai che le piante dunali erano simili a quelle della Torre di Cerrano e decisi di scrivere il libro, ora disponibile online. Ritengo che catturi bene il territorio di vent’anni fa, includendo anche la zona tra Scerne e Pineto”.

“Il secondo libro, Le conchiglie della Torre di Cerrano, è nato dalla collaborazione con mia sorella Marina e Roberto Costantini dell’associazione Anteo”.

Riguardo a Storia della liquirizia in Abruzzo, Adriano racconta: “Ho iniziato questo progetto per portare la liquirizia nelle scuole e scoprire che, nonostante venga acquistata maggiormente all’estero, potrebbe essere prodotta localmente. Investigando negli archivi di Atri, ho trovato che la liquirizia era conosciuta già nella nostra zona tra il 1411-1417, grazie ai Frati Domenicani. Solo alla fine del 1700 si scoprì il suo uso dolciario”.

Infine, su La pineta secolare. La cattedrale Arborea di Pineto tra storia e natura, dice: “Lo scorso anno mi è stato chiesto di parlare di Filiani a scuola. Filiani, grande benefattore di Pineto, piantò alberi su un’area dove si volevano costruire case. Notò i benefici della pineta per le vie respiratorie in Versilia e replicò l’esperienza a Pineto”.

Furono le donne di Mutignano a prendersi cura dei pini, non essendo ancora sorta Pineto come paese: “La pineta è sorta nel 1924 mentre Pineto è nata nel 1925, quest’anno si sarebbe dovuto celebrare il centenario della pineta ma solo un’associazione ha organizzato un mini convegno senza finanziamenti. Mi addolora pensare che non sia stato dato risalto a questa ricorrenza 3ed a Filiani, e mi addolora ancora di più la poca manutenzione della nostra pineta. Va curata come si fa con gli anziani. Oggi i ricchi dovrebbero ispirarsi a lui e donare spazio alla comunità e non lottizzare terreni”.

Adriano riflette sul concetto di riappropriarsi del territorio e sulla necessità di uno sguardo più consapevole verso l’ambiente: “Dobbiamo vivere il territorio lentamente, con un approccio meno consumistico e più attento alla sostenibilità. Con i cambiamenti climatici in atto, è essenziale avere un territorio resiliente. Gli spazi verdi e gli alberi non solo migliorano l’umidità e la frescura, ma sono cruciali per mantenere l’equilibrio ecologico”.

E aggiunge: “Nel passato, i terreni di Filiani erano venduti con vincoli per costruire case al massimo due piani e piantare quattro pini agli angoli del lotto. Questa visione dimostra una lungimiranza e un rispetto per l’ambiente oggi più che mai necessari. “Il mattone, spesso visto come un bene rifugio, dovrebbe cedere il passo a una maggiore considerazione del verde e della natura, essenziali per un futuro sostenibile e una vita più felice”.

Colture e Culture: il Progetto della Gallina Nera di Atri

Adriano De Ascentiis parla del progetto “Colture e Culture”, avviato nel 2003 da Umberto Di Loreto. Subentrato come direttore della Riserva, ha continuato e sviluppato il progetto: “La gallina nera, nota dai tempi di Plinio e Aristotele, era originaria di Hadria, l’antico nome di Atri. Adriano spiega: “Grazie a un contadino di Città Sant’Angelo di 97 anni, che aveva ereditato queste galline dal suocero – 150 anni fa –, abbiamo ottenuto la specie di gallina nera più antica esistente. Nei testi antropologici, la gallina nera era usata nei riti della tradizione contadina”.

Ironico ma vero, Adriano ammette: “Ho iniziato a produrre queste galline nere, da giovane, odiavo le galline perché mio padre mi costringeva a farle rientrare nel pollaio fino a tarda sera in estate”.

Nonostante il progetto sia autogestito e senza finanziamenti pubblici, oggi coinvolge 21 famiglie come custodi della gallina nera, che è a rischio estinzione con soli 350 esemplari rimasti: “Siamo alla terza indagine genetica condotta da tre università diverse, che hanno confermato che è una razza unica con carne scura e la capacità di volare”, aggiunge.

Il progetto mira a creare una filiera corta, dove la gallina nera sia riconoscibile come prodotto del territorio: “L’idea è allevare queste galline a terra, nutrendole con grano e non con mangimi industriali. Speriamo che Slow Food possa sostenere il nostro progetto e contribuire a salvaguardare questa razza preziosa.”

Ricordi d’infanzia e il legame con la Pineta

“Mi emoziono sempre quando parlo della mia infanzia a Pineto. Sono nato nel 1970 ed ho vissuto qui fino ai 35 anni oggi risiedo a Roseto, ma torno spesso a Pineto, dove ho ancora il mio bar di fiducia, il barbiere, gli amici. Mia madre, che era insegnante, non poteva restare a casa con me, così avevo una balia, Laura, che mi portava ogni giorno al Parco Filiani, che era praticamente il mio asilo. Passavo le giornate giocando tra gli alberi e costruendo capanne, godendo della libertà che solo la pineta può offrire. Ricordo che scappai a casa dopo solo dieci minuti il primo giorno d’asilo. Laura, è stata come una seconda mamma per me e ancora oggi la vado a trovare. La pineta per me rappresenta un rifugio, un luogo protetto e libero, la sua bellezza e tranquillità sono ricordi preziosi che porto sempre con me”.

Guardando al futuro di Pineto

“Pineto è una località ideale per le famiglie, ma ho notato alcune sfide per i giovani. Mia figlia di 17 anni mi sta aiutando a comprendere meglio le esigenze dei ragazzi della sua età. Dopo il periodo di spensieratezza giovanile, quando basta un motorino o una bicicletta per divertirsi, vivere a Pineto può diventare limitante dai 25 ai 30 anni, con poche opzioni di intrattenimento. Anche se sono nate nuove iniziative, molti giovani si spostano nelle città vicine per svagarsi. Potrebbe essere utile creare un servizio pubblico, come una navetta notturna, per muoversi lungo la costa in sicurezza”.

“Pineto, però, offre benefici unici. La pineta sprigiona picnogenolo, molto benefico per l’apparato respiratorio, e una passeggiata tra salsedine, picnogenolo e resina di pino è davvero salutare. È un paese a misura d’uomo con piccoli appartamenti ideali per le famiglie. Qui si possono scoprire molte cose in poco tempo. Ci sono un parco avventura, il Parco Filiani, l’area marina protetta e la Riserva dei Calanchi a soli 10 km. Anche la Riserva del Borsacchio è a 10 km. Siamo al centro di un sistema storico-naturalistico eccezionale, e forse non riusciamo nemmeno a comprendere appieno la qualità del nostro ambiente”.

Valorizzare l’Abruzzo: investire nel Verde per un futuro sostenibile

“L’Abruzzo ha un grande potenziale per estendere la qualità ambientale a tutta la regione, il soprannome di ‘Regione Verde d’Europa’ è meritato, ma per valorizzarlo appieno, è fondamentale investire nella gestione delle riserve e nella comunicazione. Attualmente, l’Abruzzo soffre di carenze nelle risorse per gestire le aree protette e promuovere il patrimonio naturale. La comunicazione e la promozione sono spesso affidate a iniziative individuali piuttosto che a un sistema centralizzato e strutturato. L’Abruzzo ha tutto ciò che serve per offrire bellezza e salubrità, con la sua gentilezza, il suo cibo straordinario e la sua natura incontaminata. Per realizzare il potenziale della regione come ‘verde d’Europa’, dobbiamo garantire un equilibrio naturale e sostenibile. Creare un ambiente che evidenzi la qualità dell’aria, dell’acqua e del cibo, e promuovere l’ospitalità abruzzese”.